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Racconti di Islanda in bici: 1342 km di deserto e fiordi
Islanda in bicicletta
Partenza/Arrivo | Selfoss |
Tempo | 15 giorni |
Dislivello | 11407 m circa |
Lunghezza | 1342 km circa |
Tipologia di strada | 90% asfalto 10% sterrato |
Difficoltà | |
Panorama |
Islanda in bicicletta
Tappa 1, Selfoss - Sandartunga
Tappa 2, Sandartunga - Versalir
Cominciamo bene con una bella pioggia di risveglio, tanto per abituarci. Mattina dedicata alla ricerca del red spirit. Tra andata e ritorno percorriamo, Puppy ed io, 60 chilometri per trovare l'alcool. Non so quanto possa costare in Italia, qui quasi € 15,00, che alla fine risulteranno ottimamente spesi. Durante il tragitto, grazie alle belle chiacchierate, capisco un po' di più l'Islanda e le sue genti, in certi aspetti così simili a noi italiani: Puppy, come tutti gli islandesi, nei lunghi rettilinei va veloce come un disperato, scherza per tutto il tempo e non gli pesa nemmeno un po' guidare per me. Commenta: “Conosco e parlo con un italiano, intanto i bambini al campeggio giocano e.. mia moglie lava i piatti: che cosa vuoi di più?”. Tutto il mondo è paese! Grazie alla sua gentilezza il viaggio può iniziare. È già pomeriggio e non è ottimale come partenza, ma confidiamo nei primi km 50 di asfalto e nella notte che... non giunge mai. E così poi avviene, ma abbandonato l'asfalto, la F26 si presenta subito nella sua natura: alla prima salita siamo costretti a scendere dalla bici e spingerla, tanto è ripido e sconnesso il selciato.E così per i rimanenti 42 chilometri pedaliamo a fatica tra ciotoli e ghiaia. Vento favorevole, ma pioggia intermittente. Paesaggi lunari con riflessi argentati sulla roccia bagnata: splendido. La meta è Versalir, letteralmente Versailles, un rifugio di montagna ormai abbandonato da qualche anno che però, secondo alcuni racconti di viaggio, offre riparo in una specie di baracca in cui sembra sia possibile montare la tenda. Si pedala a fatica e si procede molto lentamente, ma si festeggia quando al posto del primo guado previsto troviamo un ponte recentemente costruito: non dobbiamo affrontarlo e procediamo rapidamente. Arriviamo alle 23,45 stanchi morti. Vento gelido e nessuna possibilità di accamparsi se non tra i sassi o cercando dell’erba in prossimità del fiume. Del capanno accessibile citato nel web nessuna traccia. Ma c'è un'auto parcheggiata: è la nostra "giornata fortunata" dicono i tre pescatori in possesso delle chiavi dell’ex rifugio ed in procinto di passarci la notte dopo una giornata di pesca. Mossi a compassione, data l’ora e le temperature, ci invitano ad entrare, ci offrono una birra per accompagnare i nostri liofilizzati e una stanza con due letti a castello per passare la notte. Proprio niente male! Chiacchierata su viaggi, pesca, cibo italiano che, come sempre, è molto trendy e... a nanna. Dei 92 chilometri percorsi, 42 sono in mountain road.Tappa 3, Versalir - Nydalur
La nostra colazione al risveglio? Uova strapazzate liofilizzate. Quella dei tre ragazzoni dalla stazza gigante? Porcherie grassissime e due birre ciascuno. Da non credere! Abbiamo due possibilità per il bagno: andare al fiume a riempire d'acqua un recipiente per lo scarico (che altrimenti senza energia elettrica non è funzionante) o usare una "turca vichinga" in un capanno dai tetti spioventi all'aperto. Va bè, vi lascio con la curiosità. Si parte. Tutte le volte che studiavo a casa il percorso nel deserto non riuscivo a programmarne bene lo sviluppo, perché i km 50 tra Versalir e Nyidalur mi sembravano troppo pochi e non trovavo un rifugio a distanza accettabile per proseguire oltre. Bene. Il problema si rivela un falso problema: ci è voluto l'intero giorno di viaggio per coprire la distanza. Su nove ore circa di pedalata, tre e mezza le abbiamo impiegate per superare i guadi. Sebbene ne fossero previsti 2 sulla cartina, ogni rigagnolo incontrato si è rivelato un fiume da guadare. Al momento di affrontare il primo, a mo' di battesimo, giunge un acquazzone a complicare l’operazione. Dopo aver visto un motociclista incastrarsi nel punto più profondo, prendiamo le misure e… si va!La vista del rifugio si rivela una liberazione, anche se poco prima di raggiungerlo c'è un ultimo guado da superare. Il montaggio della tenda è per nulla facile col vento forte e gelido. Nel rifugio non c'è ristorante né si può cucinare se non si dorme all'interno, pertanto sperimentiamo la preparazione del cibo in tenda: un po' come tornare bambini. La notte sull'altopiano, col ghiacciaio così vicino, un'esperienza in linea con tutto il resto: ci vorrebbero almeno quattro borse per contenere tutti i vestiti da indossare dentro il sacco letto. Ci si addormenta sotto la pioggia mista a neve. I 55 chilometri percorsi sono tutti in mountain road.
Tappa 4, Nydalur - Laugafel
Passata indenne la notte, senza esitare ci si mette di nuovo in marcia, evitando addirittura di fare colazione per sperare in un luogo più riparato dal vento. C'è eccitazione e preoccupazione nell'aria, perché dopo qualche chilometro ci aspetta il bivio per Askja. La voglia di bissare il viaggio in Islanda nasce proprio dal desiderio di visitare uno dei posti più belli e selvaggi dell'isola, anche se la strada è, con i suoi km 120 e secondo le recensioni, molto dura. Subito dopo esser partiti da Nyidalur troviamo un guado, non ci riesce di scorgere un punto sicuro in cui attraversare, dato che sembra piuttosto profondo. E mentre siamo già in procinto di entrare, "arrivano i nostri"! Un grosso truck si muove dal rifugio e ci raggiunge permettendoci di guadare in sicurezza dall'alto del suo scarno chassis. Ci lascio lo specchietto durante le operazioni di carico, ma almeno non corriamo alcun rischio. E’ evidentemente un mezzo a disposizione della "sicurezza stradale". Devo ammettere che sulla F26 sono state numerose le Jeep del 112 che abbiamo incontrato in pattugliamento nei due giorni di attraversamento. Rincuorante. Dopo qualche chilometro incontriamo l'atteso bivio con la F910, ma più di spingerci a leggere i cartelli di divieto, non possiamo fare. Ancora chiusa, probabilmente per i guadi da mettere in sicurezza e il fondo stradale da rendere quanto meno agibile. Confesso che nessuna lacrima è comparsa sui nostri visi, le condizioni della F26 ci hanno già visibilmente provati ed essere fra i primi a passare non ci dà poi tanta sicurezza. Insomma, mesi di preparativi svaniti in un attimo e costretti al cambio di programma: percorrere la F26 verso nord fino a Godafoss per due giorni di viaggio.In marcia dunque. Al bivio con la F752 compaiono due cicloviaggiatori in sella a delle fat bikes. Provengono da Laugafell, dove hanno passato la notte. L'opzione che già avevo considerato e che mi stuzzicava non poco si stava manifestando: qualche giorno prima nel sito ufficiale sullo stato delle strade risultava chiusa anch'essa come la F910. I due americani sono fra i primi a percorrerla dato che proprio quella mattina è stata aperta. Un colpo di fortuna: le hot spring di Laugafell sono a poco più di trenta chilometri da noi. Non abbiamo però le loro bici! Le nostre gomme (Schwalbe Marathon plus tour da 35), sebbene di sufficiente larghezza, non possono reggere il fondo della appena nata F752. Un vero calvario. Vento terribile in direzione contraria e tanta sabbia sul fondo sassoso ci costringono a spingere ed a scendere per evitare rotture.Hai in mente che cosa significa risalire il greto di un torrente in secca? Bene, questa è l'idea più verosimile che mi viene in mente per descrivere la strada. Con tanta pazienza e ostinazione si percorre e ormai non si torna indietro. Anche qui tanti i guadi, ma almeno una piccola fortuna: una pala meccanica ne sta sistemando uno più profondo e lo superiamo accomodati sulla benna. L’arrivo a Laugafell è in tarda serata, poi un'oretta in ammollo nella bellissima piscina ricavata tra le pietre e con l'erba ai bordi ci ripaga di tutte le fatiche. Freddo, come sempre, con qualche raggio di sole a riscaldare l'umore. I 47 chilometri percorsi sono tutti in mountain road.Tappa 5, Laugafel - Varmahlíð
Quarto e ultimo giorno nel deserto. La variazione obbligata ci ha soddisfatti alla fine. Abbiamo percorso metà Sprengisandur nella zona più selvaggia dell'isola e, proseguendo per la F752, ne usciamo piegando verso ovest, più vicini ai fiordi, seconda parte del viaggio. Qualche centinaio di metri dopo il rifugio, incontriamo il primo dei tre guadi previsti. È divenuta ormai una consuetudine cambiarci le calzature e la scelta del materiale da sub si rivela ottimale dato che non si percepisce nei piedi la temperatura delle acque glaciali. Il percorso di oggi, che si concluderà al campeggio di Varmahlíð, l'unico toccato nel viaggio in Islanda 2016, prevede 50 chilometri di strada di montagna, circa 20 di sterrato ed altrettanti 20 di asfalto. Le caratteristiche di quest'ultima parte di F752 non sono proprio paragonabili a quelle della prima: sono pochi i punti in cui si affondi sulla sabbia o che si debba scendere a causa dei sassi. A mano a mano che si pedala, il deserto inizia a colorarsi di macchie verdi: è il segno che lo stiamo abbandonando. Siamo ormai nella parte di sterrato e incontrando le prime pecore abbiamo la certezza di far ritorno alla civiltà. Le vallate si allargano e si intravedono le prime fattorie. Un ultimo ostacolo: una discesa lunga e ripidissima. Ci riteniamo fortunati a non doverla affrontare al contrario: non so se sarebbe stato possibile con i rapporti con cui siamo equipaggiati (34 anteriore, 40 posteriore). Superata la discesa costeggiamo il fiume in mezzo al verde, attorniati da branchi di cavalli dalle folte criniere che corrono fuori e dentro ai recinti. Qualche chilometro e avremo di nuovo l'asfalto sotto le ruote. Verrebbe quasi da festeggiare, se non fosse che nell'ultimo chilometro di sterrato la strada si interrompe per il fiume che l'attraversa. Viva l'Islanda e viva le scarpe da sub. Gli ultimi venti chilometri sono ormai una formalità e la cena "vera" nel self service della stazione di servizio di Varmahlíð - testato per qualità e prezzo durante il giro 2016 - una certezza più che un desiderio. Notte con le tende piantate in mezzo agli alberi. 92 i chilometri percorsi, di cui circa 50 in strada di montagna, 19,5 in sterrato e 22 su asfalto.Tappa 6, Varmahlíð - Saeberg
Nel progetto originario che prevedeva Askja, a causa dei giorni limitati, il collegamento tra est ed ovest doveva essere percorso in bus per ottimizzare i tempi. Con la variazione di programma e il numero maggiore di giorni disponibili, è possibile evitare il bus e il giro circolare percorso in senso antiorario acquista una sua logica. Così da Varmahlíð ci spostiamo fin sotto ai fiordi occidentali, meta della seconda parte del viaggio. La terza sarà la penisola di Snæfellsnes. In fondo i 120 chilometri su asfalto da percorrere sembrano non essere tanti. Forse in qualsiasi altro posto, tranne che qui. I primi 50 chilometri, a dire il vero, nonostante la lunga salita, risultano abbastanza agevoli in quanto a favore di vento. Ritroviamo panorami già noti, si pedala in vallate ampie e verdi tra tante fattorie, branchi di cavalli che scorazzano in ampi recinti danno l’impressione di essere liberi. I rimanenti settanta, invece, una specie di calvario: il vento gelido frontale o di traverso trasforma una potenziale tranquilla tappa di trasferimento in una poderosa faticata. Gli ultimi dieci chilometri sono sicuramente i peggiori, con velocità di avanzamento di poco superiore al "passo d'uomo". Una signora in maniche corte, protetta all'interno del suo SUV, si ferma incuriosita mentre a lato della strada ci vestiamo da pioggia, e intavola una chiacchierata sul nostro giro in bicicletta. Quando ci saluta, ci chiama "Italian vikings", strappandoci un sorriso. La sosta notte è al campeggio di Saeberg che, ben segnalato, si trova non appena la strada si avvicina al fiordo di Hrútafjörðu, dove con sorpresa oltre a una bella cooking vista mare, troviamo una hot spring in cui dimenticare il vento micidiale che ci ha sconfitti anche oggi.Tappa 7, Saeberg - Hólmavík
125 i chilometri previsti per la giornata odierna. Non pochi, ma si affrontano con ottimismo, dato che il vento non è forte e il tempo non minaccia pioggia. Si entra nei fiordi e c'è entusiasmo per questa seconda parte: reportage di viaggio e islandesi interpellati li hanno sempre descritti come bellissimi. E così è in effetti. Percorriamo la strada che costeggia il Mar di Groenlandia per giungere ad Hólmavík e gli scenari sono secondo le attese: desta sempre piacevoli sensazioni vedere l'erba che tocca il mare e le rocce delle montagne poco distanti. Tutto il percorso è disseminato di fattorie attive per la raccolta del foraggio; inizio a chiedermi come si possa vivere così isolati: tra una casa e l'altra ci sono diversi chilometri e può risultare probabilmente splendido in estate, ma chissà quanto malinconico durante le lunghe giornate invernali, quando le ore di luce si riducono a meno delle dita di una mano! La strada è comunque per lo più deliziosa con i continui saliscendi, tranne per i tre blocchi di sterrato che occupano un terzo del percorso, ovvero una quarantina di chilometri. I due primi sterrati si trovano in corrispondenza dei punti in cui la strada, allontanandosi dal mare, si inerpica su per la montagna per lunghe salite che superano, in pochi chilometri, i duecento metri d'altezza con pendenze importanti. Insomma, la velocità totale risulta alla fine della giornata molto rallentata. La notte la passiamo nel campeggio di Hólmavík. Attenzione ad arrivare in tempo: è possibile usufruire dei locali cucina solo fino alle 20:30.
Tappa 8, Hólmavík - Reykjanes
Immagina di andare a dormire con un bel sole, una temperatura gradevole e senza vento, con l'idea di partire al risveglio con lo stesso clima per una tappa breve e di "recupero". Ora resetta la seconda parte e svegliati la notte con la pioggia e il freddo e all'ora di alzarsi ancora pioggia, un vento gelido e nuvole nere. Bene, questo scenario è quello con cui smontiamo la tenda e prepariamo la partenza. Non è che il buongiorno, in effetti, perché la strada dopo venti chilometri facili e in mezzo a vallate verdissime inizia ad inoltrarsi verso la montagna in direzione nord-ovest. Ad un certo punto un cartello indica che per 21 km si sale per raggiungere quota m. 439 con pendenze medie del 9%. Un ciclista allenato non si spaventa anche se carico, ma la temperatura prossima a pochi gradi sopra lo zero, il vento contrario o di traverso molto violento e la pioggia gelida che ha iniziato a sferzarci quasi sulla cima, ci mettono davvero in difficoltà. Inizi a chiederti perché ti trovi nel posto sbagliato al momento giusto. Ti rispondi che lo sapevi, che lo hai scelto e... che questa forse è l'Islanda più vera. Lasciata l'ultima fattoria sul fiordo dopo Hólmavík, non incontriamo più alcun segno di vita, nemmeno le pecore. Eppure l'altopiano, costellato di laghetti naturali, deve essere stupendo col sole. La pianura seguente si presenta come una specie di combattimento contro il vento e così la discesa per poter avanzare. Poi finalmente il fiordo si apre con scenari bellissimi che ti rimettono in armonia con la natura e.. con il viaggio. Viene in soccorso al nostro umore anche un "abitante" locale: lo sforzo di osservare di continuo la superficie dell'acqua per scorgere qualche mammifero viene finalmente ripagato e scorgiamo, in lontananza, lo sbuffo allegro di un cetaceo danzante. Grazie di averci onorato della visita. Il campeggio di Reykianes, in una struttura un po' fatiscente, ha almeno una grande piscina bollente in cui rigenerarsi.Tappa 9, Reykjanes - Isafjordur
Come sarà oggi il vento? Ci aspettano 133 km per arrivare ad Ísafjörður e col vento del giorno precedente sarebbe un'impresa impossibile. Per precauzione la sveglia suona alle 6,30. Stupore: non c'è vento! Si smonta, si carica e si parte di gran carriera approfittando della “bonaccia” per far chilometri. La strada è deliziosa, segue il profilo dei fiordi e solo quando se ne discosta internandosi sale, ma mai tanto. Per tutta la mattinata, nonostante si intuisca che poco sopra sia sereno, viaggiamo quasi dentro le nuvole e l'umidità è a volte insopportabile. Ma dal primo pomeriggio il sole la vince su tutto e finalmente riusciamo a vedere i veri colori della natura. Il paesaggio cambia e diventa una meraviglia pedalare. Nonostante l’assenza di vento, non procediamo veloci, ci prendiamo tutto il tempo per goderci lo spettacolo e per immortalarlo nei nostri ricordi. Abbiamo la fortuna di imbatterci, quasi in prossimità della punta dello Skötufjörður, in una colonia di foche e, poco più avanti, in una balenottera che salta fuori dall'acqua e si tuffa di lato. L'esperienza è emozionante. I chilometri scorrono veloci e percorriamo su e giù i fiordi Seyðisfjörður e Álftafjörður che ci separano dalla meta. La strada a volte sale, ma mai impegnativa e con lunghe discese. Finalmente sembra di visitare un paese nuovo in cui è piacevole pedalare. Ad Ísafjörður ci sistemiamo nel delizioso campeggio all'interno della vallata, sotto una cascata. Notte sul bordo del torrente.Tappa 10, Isafjordur - Flokalundur
La notte trascorre serena col sonno dolcemente cullato dallo sciabordio dell'acqua. La prima immagine, aprendo la tenda la mattina, si illumina della cascata sotto la montagna. Decisamente un bel risveglio in un campeggio alpino.. sul mare. Questa è l'Islanda. E i fiordi una continuità tra mare e monti. Così rimane per tutta la tappa. Con i suoi 114 chilometri attraversa e costeggia in direzione sud i quattro fiordi che si affacciano sull’oceano atlantico settentrionale e l'esperienza ci dice che, nei west fiords, percorrere è sinonimo di salire. Così partiamo di buon’ora per prenderci tutto il tempo per assaporare, meteo permettendo, chilometro dopo chilometro questa sezione di viaggio che ci ha già ripagato di tutte le fatiche con le sue meraviglie. E le meraviglie continuano: non possiamo che confermare quanto le indicazioni e i suggerimenti raccolti durante la preparazione del viaggio fossero veritieri: si tratta di scenari stupendi tra montagne di roccia nera che cadono quasi a picco e vallate verdissime che declinano dolcemente verso il mare. Un mare che col sole diventa blu intenso e non puoi non fermarti ad ogni curva per portarne a casa un pezzetto racchiuso nella fotocamera. Il superamento di un fiordo diventa l'avventura di un coast to coast, perché lasci il mare alle spalle per ritrovarlo davanti con un passaggio in montagna. Ed è fatica reale perché queste sono vere e proprie scalate con pendenze che arrivano al 15/16%. Ma più si sale col carico e più la fatica si trasforma in orgoglio e cresce la curiosità di vedere quale nuova meraviglia ti aspetta dopo la cima. La giornata, alla fine, ci fa pedalare per ore 8,30 (di movimento reale) e quasi 12 in totale, anche perché 70 chilometri del tragitto si percorrono su strada sterrata! La visualizzazione del profilo altimetrico realizzato credo sia la miglior sintesi per descriverla a chi deve affrontarla, con la raccomandazione di arrivarci a livello fisico ottimamente preparati: la seconda salita è di km 9,5, la quarta di 10 e dopo un breve respiro si sale ancora per diversi chilometri. Una tappa "alpina", sull’oceano! Notte al campeggio di Flókalundur dopo un meritato relax nella hot spring a ridosso del mare. Dei 114 chilometri percorsi, circa 70 sono in sterrato.Tappa 11, Flokalundur - Ólafsvík
E l'undicesimo giorno si riposarono. Nessuna sveglia di buon'ora e nessuna fretta per smontare la tenda. La giornata è splendida e il ferry parte alle 12,15. Dai fiordi, come già pianificato, approderemo direttamente alla penisola Snaefellsnes con il traghetto che parte da Brjanslaekur a 6 chilometri dal campeggio, diretto a Stykkishólmur. Sono circa tre ore di navigazione e c'è la possibilità di fare sosta nell'isola di Flatey ripartendo in serata, ma decidiamo di non fermarci per raggiungere Ólafsvík e vedere un po' di costa con il sole: i prossimi giorni è prevista pioggia. La gita in traghetto offre la vista splendida della costa da un'altra angolazione e, passando vicino a tante isolette, si gode di scenari ancora nuovi. È la prima intera giornata di sole da quando siamo nell'isola, oltre ai pomeriggi dei due giorni precedenti. La costa che percorriamo pedalando è magnifica e i colori vengono esaltati in tutta la loro lucentezza. Il repertorio tipico islandese si rinnova ad ogni curva: mare, laghi, cascate, campi di lava, montagne imponenti dalle forme bizzarre sono una magia per i nostri occhi. Dopo il superamento dell'ultimo rilievo in vista della nostra meta, la valle torna in ombra per le solite nuvolacce nere che oscurano il sole. Tutto cambia ed è come se il pittore avesse cambiato la tavolozza dei colori e i pennelli tingessero con sole sfumature di grigio: non si trova più lo spunto per una foto. Mi chiedo quale sia il periodo migliore per visitare l'Islanda e per trovare anche un po' di sole. Una signora islandese con cui conversavo nella hot spring, diceva che giugno è un buon mese e settembre probabilmente il migliore per certe colorazioni speciali che si possono ammirare. In luglio è normale avere soprattutto giorni nuvolosi con tanto vento e, se si è fortunati, con poca pioggia. A proposito di giugno, mi è tornato in mente che un cicloviaggiatore di nazionalità francese che abbiamo incontrato all'inizio del nostro viaggio a Selfoss ci ha riferito che era in Islanda dal 3 giugno e che aveva avuto un solo giorno di sole: per il resto tanta pioggia, vento e persino la neve! Mah! Questa è l'Islanda e se vuoi visitarla devi imparare a convivere con il suo clima, devi godere del sole quando c'è e conservarne il ricordo per apprezzarla anche in bianco e nero. Notte al campeggio di Ólafsvík dopo una cena al fish and chips che, oltre ad offrire ottimo merluzzo fresco, garantisce quantità a prezzi ragionevoli.Tappa 12, Ólafsvík - Arnastapi
Annunciata, giunta e subita. La pioggia crea disagio dappertutto, in qualsiasi tipo di situazione di viaggio, ma per un cicloviaggiatore credo possa diventare un grosso ostacolo. La tentazione di trovare soluzioni alternative è forte, siamo però ormai a fine viaggio e non più in zone come il deserto o nei fiordi dove il freddo e la scarsità di strutture ci avrebbero sicuramente messo in crisi, ormai siamo a pochi passi da Reykjavik e i giorni a disposizione abbastanza da operare qualsiasi variazione. Partiamo in uno spiraglio di ottimismo, ma ci dobbiamo inchinare al padrone delle nuvole nere che ci scarica addosso tutto quello che ha per quasi quattro ore continue. E forse non sai che in Islanda la pioggia non si comporta come in altre parti del mondo, no qui non scende in verticale, preferisce la direzione diagonale.Con quello che ne consegue a livello di infiltrazioni nei tessuti che, sebbene antipioggia, prima o poi cedono al passaggio. Ci fermiamo ad Arnastapi, nel primo campeggio disponibile, anche se l'acquitrino in cui siamo costretti ad accamparci e i servizi inclassificabili (in pochi campeggi visitati durante il viaggio sono presenti le docce) non permettono una sosta confortevole, ma proseguire non è proprio possibile. Un po' di calduccio nella tenda, qualche capo ad asciugatura forzata con l'hand dryer della toilet, si attende la prossima alba. Asciutta, si spera. Un peccato però, perché la programmazione del viaggio prevedeva un dulcis in fundo con la visita della penisola in totale relax godendo dei paesaggi, data la conformazione facilmente pedalabile del territorio. Invece l'esperienza è divenuta più un gioco per tenere in equilibrio la bici tra il vento e i mezzi che sfrecciano sulla stretta strada con la visuale abbassata e rigorosamente in monocromatico, come fosse un videogioco dei primi Atari ST.
Tappa 13, Arnastapi - Borgarnes
Di buon'ora, sotto la pioggia e nel pantano, si smonta e si parte. Più che partenza sembra una ritirata strategica dalla pioggia, sperando nell'esattezza delle previsioni che indicano miglioramento. Viva la meteorologia, il vento è debole, via i vestiti rain e si vola. Il paesaggio, sotto le nubi basse, ha poco da offrire. Forse sono anche suggestive le montagne che la strada affianca, ma sono coperte. Con altra luce probabilmente le spiagge, sempre meno laviche, riuscirebbero a strappare delle foto. Non è la giornata giusta però. Un peccato che questa penisola di cui si legge piena di delizie ci dia così poco. Per fortuna la costa nord, percorsa in un pomeriggio di sole, le rende giustizia. A mano a mano che ci si avvicina a Borgarnes, la pianura è sempre più densa di fattorie con gli immancabili allevamenti e i campi a foraggio. La strada è comoda e, senza alcun ostacolo climatico, la giornata si trasforma in una delle più semplici pedalate dell'intero viaggio fino a qui percorso. I quasi 120 chilometri coperti in sei ore lo testimoniano. Nel campeggio di Borgarnes, anch'esso scarno e con servizi inferiori all'essenziale, abbiamo modo di far asciugare al timido sole la tenda riposta ancora bagnata, prima di rimontarla per trascorrere la notte. Smartphone alla mano e focus su vedur.is per scrutare, come fossimo marinai, il prossimo cielo e capire come superare la prossima tempesta annunciata.
Tappa 14, Borgarnes - Reykjavík
Alle ore 9,28 parte il bus per Reykjavík. Il meteo annuncia una perturbazione proveniente dal versante oceanico della Groenlandia che porterà pioggia in tutta la fascia occidentale spostandosi verso est. La colorazione non è giallo chiaro o giallo, bensì verde. Sinonimo per noi di tanta acqua.Tappa 15, Reykjavík - Keflavik
Cinquanta chilometri ci separano dall’aeroporto. Un’ultima passeggiata in centro e una visita mirata all’antico forno sulla Frakkastigur per un meritato bis, date le tante soddisfazioni che ha dato al palato l’assaggio dei dolci durante la giornata precedente. E poi sotto con i pedali. Dopo un goffo tentativo di procedere attraverso le ciclabili evitando la superstrada per Keflavík, alla fine ci si butta nel traffico per l’ultima lotta. Contro il solito... vento contrario. E, come sempre, la battaglia è persa. Viva l’Islanda! L'aereo ci aspetta per "uscire" dal viaggio. Credo, durante questo bis islandese, di esser stato maggiormente "dentro" al viaggio rispetto all’anno scorso. Maggiore è stata la coscienza di quanto mi aspettava e maggiori timore e rispetto della terra e della natura che la domina. È la Natura, con le sue forze spesso avverse che mettono a dura prova l'adattabilità di noi mediterranei, a farla da padrone. Puoi proteggerti, fino a che ti è possibile, ma il rischio è di uscirne sempre sconfitto. Devi comprenderla ed imparare a rispettarla: questa è la lezione islandese ed è così che si è veramente "dentro" al viaggio. Dietro la bellezza di un paesaggio c'è una piccola conquista che va assaporata col silenzio che ti circonda, ascoltando il vento che ti martoria anche quando ti riposi, guardandoti indietro da dove sei venuto.Log in con ( Registrati ? )
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Ultimi commenti
Oggi con una ebike si possono fare dei percorsi impegnativi fisicamente (per una bici senza motore) ma per quanto riguarda la tecnica non tutti possono fare dei giri tecnicamente difficili.
Io, con i miei 67 anni, cerco giri fino a 1500 m di dislivello, ma non troppo difficili tecnicamente per potermi gustare pienamente i paesaggi e i posti, senza dover rischiare su single trail esposti.
Grazie Enrico