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Un Viaggio in bici lungo le Alpi a tappe - Quinta parte
Scritto da sciadabuza00
Il mio viaggio sulle Alpi in bikepacking prosegue in Lombardia, con un anello sulle mitiche salite da Bormio per poi trasferirmi ancora verso oriente e raggiungere l'Alto Adige ai piedi delle Dolomiti.
Questo è un racconto di viaggio a tappe, sulle Alpi tra Italia e Francia. Puoi leggere a questo link la prima parte da Ventimiglia a Castelmagno, a questo link la seconda parte da Castelmagno a Avrieux, qui la terza parte da Avrieux a Briga e qui la quarta parte da Briga a Bormio.
Tappa 9 | Bormio - Bormio
MORTIROLO (1852 mt) – GAVIA (2652 mt)
Disegnare una traccia così lunga implica, per forza di cose, delle rinunce. I giorni stabiliti vanno un po' a dettare la tabella di marcia e diventa necessario trovare il giusto compromesso tra il tempo a disposizione, la distanza teorica da coprire in quel lasso di tempo e i molti luoghi di interesse individuati sulla carta. E così ad un certo punto mi sono ritrovato di fronte ad un bivio: da una parte partire dal mar Ligure per chiudere l'avventura di nuovo sul mare, quello Adriatico, con un senso di completezza del viaggio, dall'altra, invece, finire un centinaio di chilometri prima inserendo una seconda tappa a Bormio per scalare due mostri sacri dal richiamo magnetico, quasi impossibile da ignorare.
Non serve neanche dire quale sia stata la mia scelta: Mortirolo da Mazzo in Valtellina e Gavia da Ponte di Legno, in una giornata che si preannunciava straordinaria. Non potevo certo passare per Bormio senza affrontare queste due salite leggendarie, avrebbe significato, per me, tornare a casa con un certo senso di insoddisfazione personale e di incompletezza del viaggio stesso. In fondo terminare l'avventura a Udine non mi dispiaceva poi molto, anche perché avrei potuto dormire a casa di un amico a due passi dalla stazione. Tutto sommato mi andava bene. Attesa terminata!
Sono molto euforico al solo pensiero dell'entusiasmante giornata che mi aspetta. Non capita tutti i giorni di salire sul Mortirolo per poi puntare dritti al Passo del Gavia, e, soprattutto, da due versanti per me inediti, mai affrontati prima d'ora; la cosa non fa che accrescere lo stato di trepidazione. Di buonora scendo a far colazione, sono alle prese con il mio venticinquesimo cornetto al cioccolato quando compaiono in sala tre sagome assonnate (mamma mia che verve!) che lentamente si sistemano in un tavolinetto non lontano da me, due ragazzi ed una ragazza, più o meno avranno la mia stessa età.
La sala sembra più animata, mentre sto per terminare il mio ricco pasto, avrò mangiato per tre o quattro persone almeno, si avvicina la ragazza addetta alla sala e, visto che sono già in tenuta da bici, mi chiede senza troppi preamboli dove sono diretto quest'oggi. Molto velocemente le spiego il tragitto, così appena finito di parlare mi indica i tre ragazzi e mi dice che anche loro compiranno lo stesso giro.
Esco dall'hotel percorrendo il vialetto che porta sulla strada con in mano la bici, che ho alleggerito di qualche chilo eliminando la borsa posteriore, di cui, per il giro di oggi, non ho sicuramente bisogno, quel poco che mi serve l'ho infilato nella borsa frontale. Do le prime pedalate sotto una leggera e piacevole pioggia, mi sento un po' appesantito dalla colazione. Sono una trentina i chilometri che mi separano da Mazzo di Valtellina, dove ad attendermi c'è la temutissima salita del Passo della Foppa o Mortirolo, che dir si voglia. È giusto un anno che aspetto questo momento; non vedo l'ora di fare questa piacevole conoscenza. Solcando la valle sono diversi i centri abitati che si susseguono sul mio cammino, pedalo calmo e senza fretta alcuna, oggi vado proprio con tutta comodità.
Raggiungo Mazzo dopo un'ora abbondante, con entusiasmo sempre più crescente mi avvio all'attesissimo rendez-vous, brevissima sosta ai piedi della salita per togliere qualcosa di dosso, nel frattempo è uscito anche un bel sole; meglio alleggerirsi un pochino, ci sarà da sudare parecchio nei prossimi dodici chilometri. Addosso ora non rimane che una bella sensazione, di quelle che accompagnano sempre una prima volta: timore, curiosità ed eccitazione si succedono rapidamente tra loro, in fondo la salita da questo versante viene considerata tra le più dure d'Europa!
Bene, si parte!
Percorro i primi duri chilometri lasciandomi alle spalle le ultime case di Mazzo. Dopo un primo tentennamento le mie gambe iniziano a girare per bene, tutti i sacrifici fatti per arrivar fin qui iniziano a dare i loro frutti e tiro spedito verso monte, sarà l'entusiasmo, la smania o l'eccitazione, fatto sta che mi sento alla grande e salgo su come una capretta. Non senza fatica conquisto un tornante dopo l'altro. Nonostante le pendenze, la strada scorre piacevole tra muretti in pietra ricoperti di muschio, la fitta vegetazione e le belle abitazioni di montagna; cerco di mantenere un ritmo adeguato senza forzare, voglio gustarmi lucidamente la salita e tutto quello che ha da offrire.
Supero un ripido tornante a destra subito dopo il quale incrocio quattro motociclisti che scendono a valle, il primo mi saluta con un gran sorriso e pollice in su, rispondo anch'io con un sorriso. È sempre molto bello ricevere manifestazioni di stima ed incoraggiamento da parte di perfetti sconosciuti.
Sono completamente assorto nella mia personale impresa. Anche questa salita sarà molto dura ma non mollo; provo grande gioia e sorrido perché è per me un inno alla vita, quel momento in cui la passione si compenetra con il proprio sudore e la propria fatica, nasce un'esperienza estremamente gratificante, una sorta di viaggio introspettivo nel quale cogliere l'occasione per misurarsi con sé stessi, incontrare i propri limiti e, magari, quando possibile, superarli.
Procede la mia marcia su questa fantastica stradina di montagna inghiottita tra verdi e rigogliosi boschi. Affronto ancora un tornante ed un cartello a bordo strada indica che sono undici quelli mancanti per arrivare in vetta. Proprio in questa curva si incontra il monumento dedicato a Marco Pantani; non sono mai stato un appassionato di ciclismo ma la cosa mi emoziona e non poco.
Lentamente si abbandona il folto bosco, oramai sono in prossimità del passo; abbastanza affannato percorro gli ultimi interminabili chilometri. Arrivare in cima, per me, ha il sapore dell'impresa, un'esperienza che sicuramente rimarrà impressa nella mia mente, la ricorderò con piacere per sempre. Un giorno mi piacerebbe tornare per affrontarla a bici scarica, ma per il momento me la godo da cicloturista.
Sosta d'obbligo all'inconfondibile stele posta su al passo dove incontro quattro ciclisti inglesi, anch'essi molto compiaciuti e felici per l'impresa appena conclusa; ci salutiamo con un bel sorriso senza dire una sola parola, un bel momento di relax tra perfetti sconosciuti accomunati dalla stessa passione. Passo qualche minuto a fare foto e a sgranchirmi un po' le gambe; indosso la giacca e riprendo la strada in direzione di Monno. Inizia la lunga discesa a valle, nemmeno un paio di chilometri e si incontra la località di San Giacomo, nella mia mente si ravvivano i ricordi di un anno fa. Proprio mentre percorro questo tratto la bici inizia ad emettere un rumoraccio, sembra provenire dai freni anteriori.
Mi fermo immediatamente molto preoccupato, capovolgo la bici, tolgo la ruota e tiro fuori le pasticche dei freni per sincerarmi delle loro condizioni. Non sembrano eccessivamente consumate, ho comunque due coppie con me in caso di un eccessivo e prematuro consumo; fortunatamente sembra che sia solo un pistoncino un po' impigrito che ha tenuto premuto, più del dovuto, una pasticca contro il disco.
Rimetto la ruota, la centro per bene e via di nuovo in picchiata verso Monno. La discesa è molto bella, a grandi linee la ricordo quasi tutta, avendola percorsa ben due volte un anno fa, una per salire ed una per riscendere.
Uno stretto tornante a sinistra ed un successivo tratto molto ripido, di cui ricordo ancora la fatica impiegata un anno fa per risalirlo, accompagnano al comune di Monno. Superato il piccolo centro si prosegue ancora per qualche chilometro in ripida discesa fino ad un incrocio. Qui la strada del valico termina innestandosi nella Strada Statale del Tonale che risale la Val Camonica costeggiando il fiume Oglio; seguirò la statale sino a Ponte di Legno, dove ad attendermi c'è l'altra grande salita di giornata, che mi porterà fin su al Passo Gavia, a 2621 metri di quota.
Una quindicina i chilometri che dovrò percorrere prima di giungere a Ponte di Legno. Mi aspetta una pedalata molto piacevole lungo la Val Camonica, i bei paesaggi e i paesini lungo la strada fanno da contorno a questa splendida giornata, il sole viene e va, ma la temperatura non è malaccio.
Arrivato a Ponte di Legno inspiegabilmente proseguo lungo la statale, facendo in tal modo tutto il giro fino all'incrocio che porta al Tonale, forse assorto tra i miei pensieri non me ne sono reso conto, se non dopo un lungo tratto. Pazienza, faccio un giretto prima della salita; in effetti non è molta strada in più. Dopo questa piacevole passeggiata giungo finalmente all'incrocio dove si abbandona la Statale del Tonale per imboccare, sulla sinistra, la Strada Provinciale 29 del Passo del Gavia. Da qui mi attendono ben diciotto chilometri di salita con una pendenza media che si attesta intorno all'otto percento e con punte del sedici; non vedo l'ora di conquistare anche questo versante.
Mi avvio con tutta la calma del mondo verso le prime rampe. Le pendenze si dimostrano da subito poco amichevoli, un paio di strette e ripide curve conducono ad una piazzola con una fontana, salendo la si incontra sulla sinistra, proprio di fronte al bivio per il piccolo borgo di Pezzo, avevo già previsto di sostare qui per la pausa pranzo.
Recuperate le forze riprendo a salire fino a lambire la località di Sant'Apollonia, alla base di una decina di bei tornanti. Superati i primi due la strada si restringe sensibilmente, di colpo si trasforma in un'insidiosa ripida stradina, larga poco più di due metri, che si incunea nella fitta boscaglia; alla mia sinistra la strada è priva di ogni protezione mentre sulla destra corre un muretto in pietra ricoperto dal muschio ed erbe selvatiche.
Fortunatamente non transita nessun mezzo mentre percorro questo tratto. L'aria è pervasa da un buon profumo proveniente dal bosco, nella notte è piovuto e questo arricchisce di odori la strada. Oltrepassato il sesto tornante, il bosco inizia a diradarsi dando l'opportunità allo sguardo di spaziare in lungo e largo; si gode di una vista impareggiabile: guardando a valle, tra piccole e verdi radure, sono visibili alcune abitazioni del centro di Sant'Apollonia, ai lati rigogliosi boschi di conifere risalgono i declivi dei monti, mentre guardando oltre questo bel paesaggio posso ammirare in tutto il loro splendore le alte e frastagliate vette del parco dell'Adamello.
Galvanizzato da questa meraviglia naturale torno a macinare metri, pedalata dopo pedalata la mia scalata al Gavia assume un tono epico. Non finirò mai di ringraziarmi per aver scelto di intraprendere un'avventura così impegnativa, ricca di splendidi paesaggi e intrisa di così tante emozioni! Veder prendere vita, giorno dopo giorno, tutti quei nomi, punti, strade, monti, linee tracciati sulla mappa è davvero molto bello e gratificante.
Ahimè, nota dolente di questa esperienza è l'incredibile numero di confezioni di gel e cose simili lasciate a bordo strada proprio da chi, come me, decide di affrontare questo gigante in bicicletta; un'immagine tristissima.
Inizio ad avvicinarmi al termine di questa leggendaria salita, avanti a me la stretta ed insidiosa galleria, affretto il passo per lasciarmela alle spalle il prima possibile essendo sprovvista di illuminazione; sono dunque giunto nella parte finale della scalata, una manciata di tornanti tra le rocce e vista sul piccolo Lago Nero, al quale dedico un momento per una foto, e dovrei essere arrivato.
Anche il Gavia è andato, la mia personale lista delle salite più belle al mondo si arricchisce di una nuova perla. Ora non mi resta che fare una bella sosta al bar per una birra e una coca-cola per poi tornare a Bormio. Mi aspetta una lunga discesa, i panorami sono quelli bellissimi vissuti appena un anno prima, in un'ascesa da Bormio a dir poco dura, infatti solo ripensando alla fase finale della salita sorrido ancora: proprio sull'ultima dura rampa, preso dallo sconforto, scesi dalla bici stremato e feci a piedi un centinaio di metri.
Quel giorno avevo messo su una tappa decisamente azzardata per i miei standard. Considerando che pedalavo da meno di dodici mesi e non avevo mai affrontato salite di questo calibro, una partenza da Glorenza per affrontare in sequenza Stelvio e Gavia prima di giungere a Ponte di Legno, non era stata una scelta felicissima.
Sicuramente in quel frangente ho pagato tutta la mia inesperienza in merito, ma a denti stretti me la sono portata a casa, e con un'immensa soddisfazione per giunta. Tornando a noi, sono all'incirca le quindici quando faccio ritorno in hotel. Nella reception incontro uno dei tre ragazzi di stamattina, quelli che avrebbero dovuto fare il mio stesso giro. Scambiamo due chiacchiere e a fatica riesco a capire che hanno abbandonato il progetto per timore di trovare cattivo tempo...peccato per loro.
A me non resta che fare una bella doccia e uscire per un bel giro in quel di Bormio per godermi un lungo e meritato aperitivo.
La tappa è stata di 116 chilometri con 3065 metri di dislivello positivo.
Tappa 10 | Bormio-Ortisei
PASSO DELLO STELVIO (2758 metri) – PASSO PINEI (1437 metri)
Sono dunque arrivato ad una delle tappe più attese. Questa sera al mio arrivo ad Ortisei, ad attendermi, troverò la mia famiglia e gli amici di Civitella Roveto.
Scendo di buonora per un'altra super colazione. In sala ci sono solo io; con molta calma riempio il mio tavolo di ogni ben di dio, per poco non assalgo anche l'angoletto per celiaci, sembrava così invitante.
Alle 7 e 50 sono pronto a partire. Non ho nemmeno il tempo di scaldare le gambe che subito mi ritrovo alle prese con la lunga salita che mi porterà sino al mitico Passo dello Stelvio, per me versante inedito anche questo.
Con molta, ma proprio tanta calma inizio a dare le prime pedalate cercando di entrare in giornata. Stamattina è un po' dura, ieri sera ho un po' esagerato con l'aperitivo! Lentamente avanzo tra i primi stretti tornanti dopo i quali compare una galleria scavata nella dura roccia e che sbuca in prossimità della prima casa cantoniera dello Stelvio, ridotta oramai ad un cumulo di macerie.
La strada risale la mezzacosta destra costeggiando roccia, muri e reti di protezione, mentre, sulla sinistra, al di là del torrente Braulio che ridiscende l'omonima valle, una vista mozzafiato sulle impressionanti pareti di roccia scarsamente ricoperte dalla vegetazione, uno spettacolo che impressiona. Ancora altri quattro ripidi tornanti e si inizia a percorrere un lungo tratto, sempre in costa, dove si incontrano una serie di gallerie, un passaggio che risulterà un po' ostico a causa delle strette e al contempo suggestive fessure.
In lontananza, sempre più nitidi, una dozzina di sinuosi tornanti si fanno strada lungo il ripido pendio che introduce alla seconda parte della Valle del Braulio. Bene, sono dunque giunto alla base della serie di questi tornanti. Non mi resta che risalirli uno ad uno. Salendo si può ammirare, sulla sinistra, l'impetuoso torrente che corre a valle dove terminerà la sua corsa confluendo nell'Adda.
Pedalo in uno stato di profondo benessere e tranquillità d'animo, la valle è ancora avvolta nel silenzio, solo di rado fanno la loro comparsa, in brevissime incursioni, alcuni veicoli che interrompono questa piacevole atmosfera. Decido così di fermarmi qualche minuto per scattare un paio di foto, sono a poche centinaia di metri dalla seconda casa cantoniera che, rispetto alla prima, è ancora tutta intera; assaporo l'aria fresca e profumata mentre scruto curioso l'ambiente circostante; di colpo la mia attenzione viene catturata da un piccolo movimento tra le rocce. Con un piccolo sforzo per mettere a fuoco, riesco a scorgere un gruppetto di camosci.
Felice e sorpreso dell'inatteso incontro rimango alcuni minuti ad osservarli, non mi era mai capitato prima d'ora di osservarli liberi in natura. Se ne stanno lì tranquilli, credo mi abbiano visto ma sono decisamente distante per rappresentare una minaccia o comunque solo per infastidirli in qualche maniera. Sarà anche un pensiero banale ma penso sempre al fatto che viaggiare in bici offre il giusto tempo per osservare e metabolizzare tutto ciò che ti circonda.
Torno di nuovo in sella e in una manciata di minuti mi lascio alle spalle anche l'ultimo di questa bella serie di tornanti che anticipano l'ingresso nell'alta valle. Attraversando la Bocca del Braulio, difatti, si prosegue ancora per qualche centinaio di metri, in uno stretto passaggio tra i declivi delle montagne, prima di ritrovarsi a ridosso della terza casa cantoniera, in un vallone più ampio e meno ripido. Percorsi circa quattro o cinque chilometri, in un territorio decisamente più vasto, si affrontano due tornanti, un primo a sinistra ed un secondo, strettissimo, a destra dove, oltre alla quarta casa cantoniera e al ristorante albergo IV Cantoniera, è presente anche lo svincolo, sulla sinistra, che porta al Passo Umbreil.
Inizio a sentire oramai il profumo della vetta, una manciata di chilometri intercorrono tra me ed il valico. Guardando in cima inizio ad intravedere le piccole sagome delle strutture impiantate su, al passo; la salita si fa sentire forte e chiaro in questo momento, la soffro decisamente questa parte, mi sembra di non arrivare mai.
Per terra, tra le mille scritte colorate, chiaramente riesco a distinguere quelle, un po' più grandi, dei metri che mancano, un conto alla rovescia interminabile, l'ultima cifra che ero riuscito a leggere era di 400 metri, ma sembrano un'infinità. Dopo questa bella schioppettata arrivo al celeberrimo passo, qua e là sono ancora presenti diversi mucchi di neve caduta nei giorni scorsi.
Mi concedo una mezzoretta di tranquillità prima di riprendere il viaggio. Vado a sedermi sul muretto che dà sul versante altoatesino; da qui si può godere di una vista eccezionale: in fondo, inconfondibile, il Berghotel Franzenshöhe come sull'orlo di un precipizio, o almeno da questa distanza ho l'illusione che la valle, in quel punto, compia un grande salto nel vuoto; sulla sinistra, tra gli ultimi alberi che si diradano, un lungo serpentone di asfalto si fa strada risalendo la montagna in un numero impressionante di tornanti e muri in pietra, uno spettacolo famosissimo e invidiato in tutto il mondo.
Dopo questo bel momento sospeso tra cielo e terra, monto di nuovo sulla bici e mi lancio in discesa. È abbastanza freddo ma tutto sommato sopportabile. Uno ad uno scorrono sotto le mie ruote i numerosi tornanti, diverse le soste che mi concedo nello scendere a valle per ammirare le imponenti vette: un grandioso incanto di fronte al quale è impossibile rimanere indifferenti, un teatro naturale di una potenza suggestiva disarmante, al cui solo cospetto ogni umana presunzione è annientata, un silenzioso spettacolo che riafferma chi è parte di chi.
La discesa termina nel comune di Prato allo Stelvio, finalmente posso togliermi qualcosa di dosso. Non mi rimane che prendere la ciclabile che seguirò fino a Bolzano. Il comune di Prato è attraversato dalla ciclabile della Val Venosta, che ho avuto il piacere di percorrere un anno fa.
La ciclabile in questione parte da Merano e si snoda lungo tutta la Val Venosta fino ad arrivare su, al Passo Resia; ricordo che la strada scorre tranquilla, ad eccezione di due tratti davvero impegnativi: uno relativamente corto uscendo da Merano, presenta pendenze molto impegnative, ben oltre il dieci percento, mentre l'altro è decisamente più lungo e faticoso, inizia all'altezza del comune di Malles Venosta, c'è veramente da sudare per arrivare in cima, ma vale assolutamente la pena soffrire un po'.
Quindi, tornando a noi, a Prato allo Stelvio mi inserisco nella ciclabile della Val Venosta puntando in direzione di Bolzano. Avanti a me una lunga e tranquilla pedalata tra una moltitudine di meleti, questa parte di viaggio la si può dividere in tre tronconi: un primo composto dalla ciclabile appena citata che termina nella città di Merano, un secondo pezzo è invece costituito da una frazione della ciclabile della Valle dell'Adige che seguirò fino a Bolzano ed infine un terzo tratto dato dalla ciclabile che da Bolzano risale la valle Isarco sino a Vipiteno, che io abbandonerò molto prima, nei pressi di Prato Isarco, per poi salire al Passo Pinei.
È da poco passata ora di pranzo quando giungo nel comune di Prato Isarco. Abbandono la ciclabile per dare inizio alla mia ascesa al passo Pinei.
Si prende a salire con una pendenza media intorno all'otto percento, c’è anche un po’ traffico, non particolarmente sostenuto ma abbastanza presente. Si prosegue su queste percentuali sino alla località di Fiè allo Sciliar, per poi continuare in un lungo tratto molto più dolce, almeno sino ad arrivare nei pressi di Siusi. Superato quest'ultimo centro abitato si prosegue verso Castelrotto per poi affrontare anche l'ultimo tratto di salita. Le pendenze tornano di nuovo molto impegnative e lo resteranno fino a giungere al valico.
Sono quasi le 17:00 quando sfilo davanti al cartello del Passo Pinei; non restano che una manciata di chilometri in discesa per arrivare finalmente a destinazione. Solita routine alla reception, salgo in camera per una bella doccia calda e poi di corsa giù per un paio di birre medie prima di andare a cena dalla mia famiglia. Fortunatamente vengono a prendermi in macchina, infatti la salita per tornare su, fin quasi, di nuovo, al passo Pinei, è davvero ripida!
La tappa è stata di 168 chilometri e 2884 metri di dislivello positivo.
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Ultimi commenti
Oggi con una ebike si possono fare dei percorsi impegnativi fisicamente (per una bici senza motore) ma per quanto riguarda la tecnica non tutti possono fare dei giri tecnicamente difficili.
Io, con i miei 67 anni, cerco giri fino a 1500 m di dislivello, ma non troppo difficili tecnicamente per potermi gustare pienamente i paesaggi e i posti, senza dover rischiare su single trail esposti.
Grazie Enrico