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Un Viaggio in bici lungo le Alpi a tappe - Prima parte
Scritto da sciadabuza00
Per il 2017 l'idea era quella di tornare sulle Alpi per continuare il percorso iniziato un anno prima quando, in sella alla mia bicicletta, ho passato una settimana intera alla scoperta delle Dolomiti. Quella fu un'esperienza tanto nuova quanto straordinaria, che mi ha segnato profondamente, ero rimasto letteralmente folgorato da tutti quei panorami mozzafiato, da tutte quelle salite leggendarie e dalla bellezza del viaggiare in bicicletta in solitudine.
Questo è un racconto di viaggio in bikepacking a tappe, sulle Alpi tra Italia e Francia. Puoi leggere a questo link la prima parte da Ventimiglia a Castelmagno e a questo link la terza parte da Avrieux a Briga.
Una volta tornato da quel viaggio in bici, in mente avevo un solo pensiero: dovevo solcare le Alpi un'altra volta! Mi misi subito a lavorare sul nuovo progetto, inizialmente avevo focalizzato il mio interesse sulle Alpi occidentali, sul confine tra Italia e Francia, dove ci sono molti dei passi più alti e famosi d'Europa e che volevo assolutamente scalare. Non mi sembrava per niente male come idea di viaggio: sei giorni a zonzo tra Col de la Bonette, Colle dell'Agnello, Col d'Izoard, Col de l'Iseran e molti altri ancora... insomma di carne al fuoco ce n'era, ma nonostante ciò avvertivo un certo senso di insoddisfazione, come se mancasse ancora qualcosa per renderla unica, volevo qualcosa dallo spirito rock'n'roll.
Iniziai così a pensare che in fondo avrei potuto azzardare qualcosina in più questa volta, che so, magari provare a prendere più giorni di ferie e fare un giro un po' più lungo, includendo molte altre destinazioni senza doverle rimandare inutilmente ad una prossima vacanza. Decisi infine di prendere una seconda settimana di ferie e progettai nuovamente l’intero percorso, inserendo tutti quei passi che avevo precedentemente escluso, disegnando così una traccia che mi permettesse di attraversare le Alpi da un lato all’altro. Finalmente c'eravamo, era venuto fuori un itinerario decisamente interessante, eccitante e anche molto duro, proprio quello che cercavo, un viaggio con sfida personale inclusa.
Partendo dalla Liguria il percorso si snoda tra Italia, Francia e Svizzera, valicando oltre trenta passi, copre una distanza di 1900 chilometri, con oltre 42000 metri di dislivello positivo totale, per arrivare infine in Friuli, il tutto in dodici tappe. A volte, mentre analizzavo la traccia, mi sembrava un po' esagerata per i miei standard, i numeri parlavano chiaro: 160 chilometri e 3500 metri di dislivello positivo di media al giorno. L'allenamento non mancava, ma non avevo mai provato una cosa del genere e non sapevo come avrebbero reagito le mie gambe, nonostante ciò ero più che deciso a voler affrontare questa nuova avventura in solitaria. Anche questa volta viaggerò in modalità bikepacking, soluzione sperimentata già un anno fa nel mio primo viaggio in bici e risultata ottimale per le mie esigenze, anche in virtù del modello di bicicletta di cui dispongo, una Specialized Roubaix. In quattro borse carico tutto il necessario, e anche qualcosina in più, mantenendo un peso relativamente contenuto in modo da avere un mezzo maneggevole e reattivo, anche perché, con tutto questo dislivello di peso meno ce n'è e meglio è!
Il viaggio in bici
Dopo una lunga attesa sono finalmente arrivate le ferie e con loro il giorno della partenza. Sveglia molto presto per preparare le ultime cose e ricontrollare il tutto prima di andare. Sarei dovuto partire in treno da Avezzano, ma la linea Roma-Pescara è momentaneamente chiusa per lavori di manutenzione, così dovrò raggiungere la stazione Termini di Roma in auto. Preparo un paio di panini per il viaggio, carico tutto nel portabagagli e si va; dopo un centinaio di chilometri arrivo nella capitale, è sabato mattina ed il traffico è quasi assente, così raggiungo senza particolari problemi la stazione. Il pensiero di farmi quasi dieci ore di treno con la bici smontata non è che mi faccia impazzire, ma non avendo alternative valide sono costretto ad optare per questa soluzione. Il treno è già pronto al binario, non mi resta che caricare tutto e aspettare che parta; il viaggio scorre tranquillo, ho un solo cambio a Genova e poi diretto fino a Ventimiglia. Dopo quasi dodici ore di viaggio, tra macchina e treno, arrivo finalmente a destinazione, sono da poco passate le venti e mi sento abbastanza stanco, ora manca solo un ultimo sforzo per raggiungere l'hotel che fortunatamente dista poche centinaia di metri dalla stazione; una bella doccia calda, una ricca cena e il primo giorno è andato.
Tappa 1 | Ventimiglia - Saint Etienne De Tinee in bici
Quando apro gli occhi sono da poco passate le sei del mattino, scendo velocemente dal letto e riorganizzo tutta la mia roba; in pochi minuti sono già in strada pronto per salire in sella e affrontare la prima tappa del mio viaggio in bici attraverso le Alpi.
L'ingresso in Francia
Prima di intraprendere la mia avventura però, voglio fare un salto in spiaggia, mi piace l'idea di partire dal mare per poi perdermi tra le Alpi in pochissimo tempo. Mentre abbandono la spiaggia canticchio 'Hey Ho Let's Go!' dei Ramones, lo faccio sempre prima di iniziare qualcosa. Lentamente abbandono Ventimiglia, le strade sono quasi deserte, del resto è domenica mattina. In breve tempo mi ritrovo all'imbocco della prima di una serie di gallerie che conducono all'incrocio con il comune di Airole, anche se il traffico è quasi nullo preferisco comunque evitare questo passaggio, optando per la strada secondaria a sinistra, molto più tranquilla, che risale la bassa valle di Roja fin su al paese. Allungo un pochino ma ne vale certo la pena, la strada, ad eccezione di due brevi tratti che costeggiano le gallerie, è ben messa e sale dolcemente costeggiando il fiume Roja.La valle è deserta, c'è un'atmosfera piacevole intorno a me, l'unico suono è quello dello scorrere del fiume e del canto di qualche uccello. Passato il centro abitato di Airole si rientra sulla strada principale, la “statale 20 del Colle di Tenda e di Valle Roja” che nel suo tracciato unisce Torino a Ventimiglia, il traffico ora inizia ad essere un po' più sostenuto, almeno lo è fino a quando abbandono la statale per svoltare a sinistra, imboccando la Provinciale 73, dove il traffico torna ad essere pressoché nullo. Attraversando l'abitato di San Michele si affronta anche la prima vera salita della giornata, con punte che toccano il dieci percento; velocemente mi lascio alle spalle anche questo minuscolo centro. Superato un tornante tra gli ulivi sono già al confine con la Francia. Ancora un paio di chilometri percorrendo una serie di ripidi tornanti e si arriva al Col de Vescavo, spartiacque tra la valle del Roja e la val Bevera, e, senza neanche fermarmi un secondo, mi lancio in discesa, dimenticando anche di fare la foto di rito al cartello, pazienza. Dopo una bella discesa inizia un pezzo di saliscendi fino all'incrocio con la strada principale, la D2204, qui svolto a sinistra e, in breve tempo, arrivo a Sospel, un tranquillo borgo medievale sulle sponde del Bavera, alle porte del parco del Mercantour. Superato il centro abitato, mi fermo un paio di minuti ad una fontana per prendere un po’ di acqua fresca prima di iniziare l'ascesa verso il Col de Turini, inizia ad essere abbastanza caldo e mi attendono più di ventiquattro chilometri di salita, meglio fare scorta.Seguendo la Route de Sospel si entra nelle gole du Piaon, la sede stradale è molto buona e ad ogni chilometro un cartello indica pendenza media e i chilometri mancanti al valico, questo scenario mi richiama alla mente, per un attimo, le Gole del Sagittario in Abruzzo, anche se la somiglianza è veramente molto vaga. La strada scorre piacevole e il paesaggio che mi circonda è molto suggestivo, mi trasmette un senso di tranquillità.
In lontananza iniziano a palesarsi una serie di tornanti e più in alto, come a dominare la valle, la cappella di Notre-Dame de la Menour. Lasciatosi alle spalle l’ultimo tornante si percorre ancora un breve tratto in leggera salita prima di attraversare, in una curva cieca, le arcate del ponte pedonale che, sovrastando la strada, porta in cima al santuario. Superata la curva inizia un tratto di circa tre chilometri in falsopiano, che termina a Moulinet, ultimo centro abitato prima del colle, dove faccio un'altra sosta per il cambio dell'acqua nelle borracce. Sempre con molta calma continuo la mia ascesa: si inizia a salire tra una folta vegetazione e muretti in pietra che separano la strada da un ripido precipizio; arrivo alla base di una decina di tornanti, salendo, la folta vegetazione inizia a lasciar spazio alle conifere, affronto gli ultimi laches, i francesi chiamano così i tornanti, e sono su, nella piazzola del Col de Turini, con l'emozione che ogni volta accompagna la conquista di una nuova salita. Mi godo una bella sosta al sole prima di ripartire. Dieci minuti e sono pronto per riprendere la mia strada in direzione Bollène-Vésubie, questa volta,però, non dimentico la foto di rito al cartello prima di lanciarmi a valle.
Il Colle Saint-Martin
Percorsa una bella discesa si attraversa l'abitato di Bollène, dopo il quale, svoltando a destra, si arriva a Saint-Martin-Vésubie, piccolo centro turistico ai piedi delle vette del Mercantour. È molto carino, le strade sono piene di gente, soprattutto runners, ed infatti è appena terminato il Trails de la Vésubie. Continuo senza fare neanche una breve sosta e mi lascio presto alle spalle il borgo. Dopo un paio di chilometri in leggera pendenza, tra le ultime villette del paese, si giunge all'incrocio con la strada che sulla destra porta a 'Le Boreon', la zona più elevata della valle, mantenendo la sinistra invece, si inizia a salire verso il colle di Saint Martin, immersi in un fitto bosco, ove le pendenze iniziano ad essere meno dolci. Si risale un tratto sul lato della montagna fino ad arrivare ad un primo tornante, ad un'altitudine di quasi 1300 metri; lo spettacolo che si presenta agli occhi merita davvero qualche minuto di sosta per essere ammirato, giù in basso tutta la valle de la Vésubie, mentre tutto intorno le cime più alte del Mercantour in una splendida giornata di sole. Proseguendo si affronta un altro tornante e subito dopo un tratto roccioso, si attraversano due brevi gallerie e si rientra nel fitto bosco per affrontare l'ultimo tratto impegnativo prima di arrivare su al Col Saint-Martin; una volta arrivato su, noto con piacere che ci sono diversi ristoranti, sono affamato e vorrei mangiare qualcosa prima di riprendere il viaggio. Purtroppo sono tutti molto affollati, c'è addirittura chi aspetta in piedi che si liberi qualche tavolo. Certo, con un po’ di pazienza, potrei trovare un posticino per mangiare anche io, ma non ho voglia di fare la fila, così decido di mangiare una barretta e riprendere subito la mia strada verso la Vallèe de la Tinee, ormai vicina.Dopo circa otto chilometri di discesa si arriva all'incrocio a valle, svoltando a destra si risale verso Saint-Etienne de Tinee. Qui mi attende un paesaggio molto suggestivo: tutto intorno le formazioni rocciose si alternano in bellissime tonalità di rosso. Uno scenario naturalistico della valle molto particolare, che cambia molto rapidamente mentre si risale il fiume. Dopo aver attraversato il centro di Saint-Sauveur-sur-Tinée, arrivo finalmente ad Isola, altro piccolo centro turistico della valle. Dico finalmente perché qui c'è la deviazione che porta fin su al Col de la Lombarde, meta opzionale della giornata. A mente provo a fare due calcoli per capire se sia fattibile o meno, sono già le 15:30 ed è un po’ tardi rispetto alle mie previsioni, i chilometri che mi separano dal colle non sono pochi, ma decido comunque di provare, alle brutte torno indietro. Preso dall'euforia e dalla fretta di iniziare la scalata commetto un errore banale: dimentico di riempire entrambe le borracce; ahimè me ne accorgo solo dopo i primi tre chilometri, tra l'altro decisamente duri, sia per le pendenze sia per la stanchezza che inizia a farsi sentire; mi fermo nuovamente a pensare sul da farsi, le gambe ancora reggono ma è l'acqua ad essere il vero problema.
Decido di tirare ancora un po' avanti nella speranza di trovare una fonte lungo il percorso. Continuo a salire, tornante dopo tornante, ma di acqua neanche l'ombra, eccezion fatta per il torrente. Dunque, arrivato al sedicesimo tornante, decido, con gran rammarico, di battere ritirata. Così torno indietro ad Isola, le gambe ora cominciano ad essere abbastanza stanche, il dislivello accumulato ammonta ormai ad oltre 4000 metri. Lentamente percorro gli ultimi chilometri che mi separano dall'arrivo, una quindicina più o meno, voglio solo fare una doccia e bere una birra il prima possibile!
Qualche brutta sorpresa
Arrivo finalmente in paese, controllo sul telefono la posizione del mio hotel e, prima fra le brutte sorprese: l'ho superato di sei chilometri. Torno faticosamente sui miei passi fino ad arrivare nella frazione di Bourguet, piccolo agglomerato di case antiche su di una collina; lateralmente scorre un torrente con una stradina che porta nella parte più alta del borgo, proprio l'ultima struttura dovrebbe essere il mio hotel, ma nei dintorni non vedo indicazioni. Salgo su, fino alla fine della strada, ma ancora non trovo insegne che indichino l'hotel.
La cosa inizia ad impensierirmi e allora decido di tornare prima giù e poi di nuovo su, decido di fare la faccia tosta ed entro in una casa vicina, sperando di rimediare qualche informazione. All'ingresso c'è una signora molto gentile che parla discretamente l'italiano, non sembra sorpresa di trovare un estraneo sull'uscio, chissà quante volte le sarà capitato di dare informazioni sull'hotel, dato che di indicazioni in strada non ce ne sono. La struttura effettivamente è in cima alla salita, ma la signora mi dice anche che il proprietario non sarebbe arrivato prima delle 18:00, così, tornato davanti all’albergo, mi siedo su un muretto in attesa. Sono le 17:50, posso aspettare una decina di minuti.
Ne passano almeno venti in più così decido di chiamare l’arlbergatore al telefono, a fatica riesco a capire che sarebbe dovuta esserci la moglie ad accogliermi e che lui, comunque, sarebbe arrivato a breve. Dopo più di un'ora di attesa arriva il proprietario che, finalmente, mi fa entrare. Qui altra brutta sorpresa: l'hotel non è un hotel, semplicemente mi sta affittando la sua camera per la modica cifra di 53 euro! La casa non è brutta, ma neanche troppo pulita; il letto è disfatto, in cucina non c'è niente da mangiare, eccezion fatta per cinque o sei fette di pancarrè che butto giù insieme ad una barretta. Wow, che cena! Almeno riesco a fare una bella doccia calda e mi metto a letto: sono molto stanco e domani c'è molta salita ad attendermi.
Tappa 2 | Saint Etienne De Tinee - Chiappi in bici
Visto che fuori è ancora buio, aspetto ancora un po' ad alzarmi dal letto e a preparare le borse per il viaggio. Appena pronto vado in cucina per vedere se riesco a rimediare una mezza colazione prima di partire: c'è del pane secco, sarà stato almeno di sabato, provo comunque a mangiarlo ma solo perché mi aspetta una lunga giornata in sella; al terzo morso devo lasciar perdere, è veramente troppo duro, allora provo a vedere cosa c'è in frigo, pessima idea, sarebbe stato meglio farmi gli affari miei! Così non mi resta che partire a stomaco vuoto e un po' infastidito dall'esperienza. Anche questo, comunque, fa parte dell'avventura.
Il Col de la Bonette
Poco prima delle sette e trenta sono giù in strada in direzione di Saint Etienne de Tinee, l'aria è bella fresca ed il cielo è appena velato, secondo il meteo non dovrebbe esserci brutto tempo, almeno nella prima parte della giornata. Pedalo una decina di minuti e, mentre cerco di carburare, sono già arrivato nel centro abitato di Saint-Etienne. Attraversando i vicoli mi guardo intorno in cerca di un qualche locale dove fermarmi a mangiare qualcosa e, proprio prima dell'incrocio per il Col de la Bonette, c'è un baretto. Fuori c'è un discreto movimento di escursionisti seduti ai tavoli quindi, avviandomi fiducioso verso l'ingresso, poggio la bici ad un muretto ed entro, chiedo subito un caffè e qualcosa da mangiare ma ahimè, non solo non hanno nulla da mangiare, il caffè è pure pessimo, così, con la coda tra le gambe, mi rimetto in sella pensando al fatto che dovrò salire fino a 2800 metri senza niente nello stomaco.Nonostante tutto sono ottimista e molto eccitato, erano settimane che pensavo a questo momento, finalmente è arrivato il giorno della scalata di uno dei valichi più alti d'Europa. Subito dopo il ponte davanti al bar si svolta a sinistra dove inizia la salita di circa ventisei chilometri che mi porterà fino al valico, unica consolazione del momento è il paesaggio suggestivo, ricco di vegetazione, ancora avvolto nel silenzio delle prime ore del mattino. Dopo un tratto di moderata salita si attraversa il ponte “Pont Haut”, al termine del quale c'è un bivio, svoltando a sinistra si sale al villaggio di Saint-Dalmas-le-Selvage di appena 140 anime e, proseguendo ulteriormente, al Col de la Mautiere. Continuo tenendo la destra, la strada inizia a restringersi sensibilmente tra la rigogliosa vegetazione, dopo non molto si arriva ai primi due tornanti nella località turistica di Vens Waterfall, un paio di case ed una bella cascata sul ciglio della strada. Lasciati alle spalle i tornanti si affronta un breve tratto di un paio di chilometri prima di ritrovarsi in un maestoso paesaggio, un ampio vallone ai piedi di questi giganti di pietra: il Vallon du Pra. Mi immergo completamente in quest'atmosfera di pura natura selvaggia, mi sento come parte di questa meraviglia; è in momenti come questo che apprezzo profondamente ogni attimo del mio vagare solo con me stesso. In un tale silenzio si può ascoltare ogni singolo rumore della natura che mi circonda. In lontananza vedo degli animali selvatici tra gli alberi, ma da questa distanza non riesco a distinguerne la specie: risalgono la costa placidi e tranquilli.
Di colpo questo silenzio viene interrotto dal passaggio di un uno spazzaneve adibito alla rimozione dei massi dalla sede stradale, mi passa accanto e, velocemente, scompare dietro la curva sopra il borgo di Pra. Sono ormai giunto nella parte alta della valle, la folta vegetazione inizia a lasciar spazio ad un ambiente spoglio prettamente di alta montagna, intanto mi avvicino alla base di una quindicina di ripidi tornanti.
Ci sono delle prime case solitarie, avverto un forte profumo di cucina e, rammaricato, penso a quanto avrei voluto mangiare qualcosa anch'io. Attraverso i primi tre tornanti con molta calma dosando bene le mie energie e cercando di apprezzare il più possibile ciò che mi circonda; passato il terzo tornante si attraversa il minuscolo borgo di Bousieyas, ad un’altitudine di 1880 metri, qui, inaspettatamente, proprio quando ormai avevo perso ogni speranza, incontro in una piccola piazzola sulla sinistra una sorta di baretto dove c'è anche l'unica fontana della salita. È ancora chiuso ma la fortuna questa volta è dalla mia parte.
Fuori, tra i tavoli, c'è la proprietaria che sta apparecchiando per i turisti, è una ragazza molto gentile e sorridente, al contrario del tipo che è dentro, che nemmeno mi degna di uno sguardo e accenna appena ad un saluto forzato; con un po' di fatica riesce ad illustrarmi il menù per la colazione, specificandomi orgogliosamente che è tutto di produzione propria. Mi accomodo nel primo tavolinetto accanto alla fontana in compagnia del loro cane. Intanto tra le vette e le nubi inizia a fare capolino un timido sole e mi metto subito in modalità lucertola.
Dopo neanche cinque minuti mi viene servita una ricca colazione, finalmente riesco a mettere qualcosa di sostanzioso sotto i denti. Era ora! La colazione è ottima e abbondante, mi sento decisamente meglio e posso riprendere la salita con il sorriso. Saluto la gentile ragazza, una carezza al cane e via a pedalare su per i tornanti.
Superata la serie di questi, circondato da simpatiche marmotte che spuntano in ogni dove, si arriva al borgo abbandonato di Camp des Fourches a 2289 metri di quota. L’atmosfera in questo luogo è spettrale! Da qui un tratto anche in leggera discesa mi porta fino all'ultimo tratto di salita. Inizia a comparire un po' di traffico, composto per lo più da motociclisti. Un ultimo sforzo e, dopo questa lunga risalita in costa, arrivo finalmente al valico del Col de la Bonette a 2715 metri; di certo ora non posso assolutamente scendere a valle senza non aver prima compiuto il giro della Bonette: dal valico infatti si dirama un tratto di strada, a senso unico, che permette di aggirare la sommità della montagna, la Cime de la Bonette, in un paio di chilometri. Quindi imbocco la breve variante denominata C1 e percorro l'ultimo tratto in salita, lungo circa un chilometro e con pendenze molto severe, una lingua di asfalto che si inerpica sul fianco destro della montagna fino ad arrivare ad una stele posta a quota 2802 metri. Nemmeno in macchina ero mai arrivato ad un'altitudine simile, dalla piazzola dove è posta la stele è anche possibile salire a piedi fino alla Cima della Bonette a quota 2860 metri. Dopo aver fatto la solita foto di rito, mi concedo una meritata pausa per contemplare l'immenso panorama che mi si para davanti agli occhi; mentre mi gusto lo spettacolo scambio due chiacchiere con un motociclista italiano molto simpatico.
Il Col de Vars e il Col de Larche
Indosso la mantellina e ci salutiamo; riscendo il breve segmento della variante fino al Col de la Bonette e poi via giù verso la valle dell'Ubaye. Mi aspetta una lunga discesa di ventiquattro chilometri fino al centro di Jausiers dal quale si risale lungo il fiume Ubaye, fino al bivio tra il Col de Vars e il Col de Larche. Arrivato a valle mi fermo un minuto giusto il tempo di togliermi la mantellina. Costeggiando il fiume si incontra il centro abitato di La Condamine Châtelard e, poco dopo averlo superato, si può ammirare, in alto sulla sinistra, il forte di Tournoux, collocato in una posizione strategica, nel punto di incontro tra le valli Ubayette e Ubaye: si sviluppa per centinaia di metri tra la roccia, davvero spettacolare, meriterebbe sicuramente più tempo ed una bella visita, ma ora non sono qui per questo. Subito dopo si arriva all'incrocio che a sinistra porta al Col de Vars, mentre svoltando a destra si risale verso il Col de Larche o Colle della Maddalena. Da qui inizia la mia seconda salita di giornata con un primo tratto in forte pendenza che mi fa guadagnare subito quota. Dopo il primo tornante dalla strada si può godere di una splendida visuale sulla valle.D'ora in poi la salita scorre tranquilla, non ci sono pendenze rilevanti, raramente si sale sopra il cinque percento. Il traffico in alcuni momenti è un po' sostenuto, ma tutto sommato tranquillo. Si attraversano i piccoli centri di Meyronnes e Larche che insieme, dal 2016, formano il comune di Val-d'Oronaye. Sono quasi le tredici quando finalmente arrivo su, al colle della Maddalena: scatto la solita foto e parcheggio la bici sotto al ristorante che si trova di fronte al cartello, metto la mantellina, poiché c’è un vento abbastanza fastidioso, e salgo a mangiare un boccone. Ordino subito un bel panino, birra media e una Coca-Cola. Mentre aspetto che sia pronto il panino scambio due chiacchiere con il tipo al bancone; gli spiego al volo l'itinerario della tappa di oggi e, con un'espressione interrogativa, mi chiede "ma sei con il rampichino?". Comunque mi fa una stima approssimativa su quanto possa mancare ancora per giungere a Castelmagno e, secondo lui, ci vorranno almeno due ore e mezza tre prima di arrivare. Non conosco né la strada né la salita ma di istinto mi sembra molto ottimistica come stima, secondo me ce ne vorranno almeno quattro anche in virtù delle mie condizioni fisiche... la stanchezza infatti comincerà a farsi sentire sempre di più nel pomeriggio. Mangio e mi rilasso un po', seduto su di uno sgabello, in mezz'ora sono di nuovo pronto per riscendere la Valle Stura fino a Demonte, da dove inizierò la mia ascesa al Colle dei Morti... solo il nome è tutto un programma. Dal colle della Maddalena si affronta una lunghissima discesa di quasi 42 chilometri, anche abbastanza trafficata, perdipiù ci sono anche diverse gallerie non illuminate. Risulta comunque essere una bella volata panoramica verso il fondovalle. All'altezza di Vinadio incontro lo svincolo che porta al colle della Lombarda, dal versante italiano, un po' si ravviva la delusione per non averlo scalato ieri, ma pazienza, non mancherà di certo occasione in un futuro, che spero prossimo.
La salita al Colle dei Morti
Arrivo a Demonte, aspettando in coda al semaforo insieme alle auto mi giro e vedo, dall'altra parte della strada, il cartello che indica la salita al Colle dei Morti, pensavo di trovarlo un po' più avanti. La segnaletica dice che sono poco meno di venticinque chilometri. Di passione aggiungerei.Attraverso la strada e imbocco la salita. Subito le prime rampe all'undici percento mi fanno capire che aria tira, inizialmente non era previsto un passaggio attraverso il Vallone dell'Arma, l'ho incluso proprio poco prima di partire. Non lo conoscevo, se non per sentito dire, e, nonostante la sua durezza, sono felice di averlo fatto entrare a far parte del mio viaggio. Penso che tornerò di nuovo, per affrontarlo dall'altro versante.
L'ascesa procede lenta e un po' sofferta, il peso delle borse si fa sentire tutto, le pendenze non aiutano per niente ed è anche abbastanza caldo; unica nota positiva il traffico quasi nullo da queste parti e la presenza di diverse fontane. La salita è ripida e molto dura, di contro offre un bellissimo paesaggio quasi incontaminato. Dopo circa quindici chilometri arrivo finalmente al rifugio del Carbonetto; fin qui non è stata una passeggiata e mi concedo una breve sosta per recuperare un po’ di forze per affrontare la parte finale del vallone, la più impietosa, così prendo una birra ed una Coca-Cola. Il tempo inizia a cambiare rapidamente e si sta alzando un forte vento. Riprendo la salita con tutta calma, oramai sono vicino, mancheranno una decina di chilometri e sto rispettando i tempi. Dopo circa sei chilometri di dura salita immerso in un austero scenario, inizio finalmente a vederne la parte finale, salgo ancora e arrivo in prossimità degli ultimi due tornanti mentre inizia a scendere una leggera pioggia che nemmeno mi dispiace. Affronto il primo a sinistra con un successivo breve tratto in moderata pendenza, poi un ultimo a destra e sono arrivato al bivio con il colle di Valcavera, da qui finalmente inizio l'ultimo pezzo, con pendenze decisamente più dolci, che porta al valico del colle dei Morti. Dopo questa lunga salita conquistata a fatica un metro dopo l'altro, mettendoci corpo e, soprattutto, anima, sono finalmente in cima e posso godermi la gioia del momento. La soddisfazione è davvero tanta per aver raggiunto anche questo traguardo e nei tempi prefissati; nonostante il peso e il dispendio di energie necessario, inserire questo passaggio si è rivelata un'ottima scelta, ne è valsa assolutamente la pena.
Ora mi trovo qui a 2481 metri di altitudine, lontano da tutto e tutti, tra queste enormi guglie rocciose, il cielo nuvoloso così vicino con il vento e la pioggia leggera che cade. Ci sono solo io a contemplare questo scenario stupefacente, che meraviglia! Mentre con un sorriso compiaciuto scatto due foto, mi copro bene e, prestando molta attenzione, mi avvio per questo stretto e ripido discesone verso Chiappi, nel comune di Castelmagno, dove passerò la notte. Adesso fa anche un gran freddo, la strada non è il massimo e ci sono una ventina di mucche ad ostacolare il mio passaggio.
Poco male, oramai sono quasi arrivato a destinazione e mi sento abbastanza tranquillo, nonostante inizi a far buio. Finalmente raggiungo l'hotel “La Meiro”, una bella struttura incastonata in questo splendido paesaggio di alta montagna, si respira un'aria genuina da queste parti, lo consiglio vivamente a chi dovesse trovarsi a visitare questo spettacolare angolo di montagna. Salgo in camera, sono molto stanco e non vedo l'ora di fare una bella doccia calda e rilassarmi una mezzoretta prima della cena. La stanza è molto accogliente ed ha una splendida vista sulle vette che circondano il paese. Scendo per la cena e questa sera la musica è decisamente diversa: non solo il cibo è squisito ma c'è anche un'ottima compagnia in sala; oltre ai proprietari, persone davvero piacevoli, c'è anche un gruppetto di simpatici motociclisti pugliesi; la serata scorre piacevole mentre racconto un po' la mia avventura ai presenti. Sono tutti molto incuriositi da questo mio viaggioin bici...
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Ultimi commenti
Oggi con una ebike si possono fare dei percorsi impegnativi fisicamente (per una bici senza motore) ma per quanto riguarda la tecnica non tutti possono fare dei giri tecnicamente difficili.
Io, con i miei 67 anni, cerco giri fino a 1500 m di dislivello, ma non troppo difficili tecnicamente per potermi gustare pienamente i paesaggi e i posti, senza dover rischiare su single trail esposti.
Grazie Enrico