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Un Viaggio in bici lungo le Alpi a tappe - Seconda parte
Scritto da sciadabuza00
Sveglia molto presto come sempre, do uno sguardo fuori. Il cielo non è proprio bellissimo, potrebbe anche piovere.
Scendo dalla camera qualche minuto prima per preparare la bici, molto gentilmente i proprietari hanno anticipato alle sette e trenta la colazione, per consentirmi di ripartire il più presto possibile.
Questo è un racconto di viaggio in bikepacking a tappe, sulle Alpi tra Italia e Francia. Puoi leggere a questo link la prima parte da Ventimiglia a Castelmagno e a questo link la terza parte da Avrieux a Briga.
Tappa 3 | Castelmagno-Briançon
COLLE DELL'AGNELLO e COL D'IZOARD
In sala ad attendermi, a differenza di ieri mattina, c'è un ricco buffet e mentre mangio scambio anche due chiacchiere con il proprietario dell'hotel, un signore molto cordiale che mi indica anche un paio di strade da prendere una volta arrivato a valle, per evitare traffico e monotonia della pianura.
Terminata la colazione non mi resta che salutare tutti e riprendere il mio viaggio. Nella notte ho deciso di modificare il percorso, teoricamente sarei dovuto risalire da Chiappi fin su al Colle d'Esischie, a poche centinaia di metri dal colle dei Morti, per poi proseguire, sulla destra, nella Valle Maira affrontando così il Colle della Cavallina e il Colle Sampeyre, prima di prendere la strada che, risalendo la Valle Varaita, porta al Colle dell'Agnello, per poi proseguire in territorio francese in direzione di Briançon e scalare il Col de l'Izoard.
La tappa sarebbe stata più corta di circa venti chilometri ma il dislivello positivo avrebbe superato abbondantemente i 5000 metri e, francamente, non me la sono sentita, tenendo anche presente che era appena la terza tappa e, davanti a me, avevo ancora molta strada da percorrere.
Mi avvio così verso valle: scendendo si incontrano i minuscoli centri di Chiotti, Neirone Inferiore, Campomolino, Colletto, che insieme a Chiappi, Einaudi e Valliera vanno a formare il comune sparso di Castelmagno, originariamente erano quindici le frazioni ma con il tempo le altre sono state abbandonate.
Dopo Colletto la valle si chiude stretta tra le rocce seminascoste dalla folta vegetazione, sicuramente un luogo piacevole agli occhi di chi lo percorre per la prima volta; si arriva così a Pradleves, da qui inizia un lungo e un po' monotono spostamento in pianura attraversando i centri di Istiria, Monterosso Grana e Valgrana dove avrei dovuto prendere la strada più panoramica e meno trafficata, che mi avrebbe portato a Dronero, consigliatami dal simpatico proprietario dell'albergo. Attraverso il centro abitato di Valgrana e, distrattamente, tiro dritto senza ricordarmi di svoltare a destra verso Montemale di Cuneo.
Comunque arrivo a Dronero, attraversandolo il mio sguardo viene catturato dall'antico “Ponte Vecchio” e dalle sue vistose merlature a coda di rondine, una struttura risalente ai primi decenni del 1400.
Come molte altre costruzioni medievali, anche la costruzione del Ponte Vecchio è legata, da una leggenda, alla figura sinistra del diavolo, difatti viene anche chiamato il Ponte del Diavolo.
Come molte altre costruzioni medievali, anche la costruzione del Ponte Vecchio è legata, da una leggenda, alla figura sinistra del diavolo, difatti viene anche chiamato il Ponte del Diavolo.
Da Dronero rimane un ultimo tratto in pianura prima di incontrare le prime vere salite, che mi porteranno al Colle dell'Agnello, si prosegue sulla destra in direzione di Morra de Villar. Superando questo piccolo centro, su un'altura a sinistra, si può ammirare il pittoresco castello di Morra. Da qui ancora un tre o quattro chilometri circa e si arriva al bivio per Rossana.
Questa volta non dimentico il consiglio del gentile signore e svolto subito a sinistra e dopo un breve tratto in falsopiano si prende a salire verso la Colletta di Rossana, una breve e facile salita, che porta a 617 metri di quota, per poi riscendere verso Rossana prima e Venasca poi, evitando il passaggio attraverso i centri di Busca e Costigliole di Saluzzo e il relativo traffico.
Questa volta non dimentico il consiglio del gentile signore e svolto subito a sinistra e dopo un breve tratto in falsopiano si prende a salire verso la Colletta di Rossana, una breve e facile salita, che porta a 617 metri di quota, per poi riscendere verso Rossana prima e Venasca poi, evitando il passaggio attraverso i centri di Busca e Costigliole di Saluzzo e il relativo traffico.
Da Venasca ha inizio la lunga risalita panoramica, all'incirca una quarantina di chilometri e mai troppo impegnativi, della Valle Varaita per arrivare a Chianale, frazione che compone il comune sparso di Pontechianale; da qui avrà inizio la salita vera e propria, quei dieci chilometri finali molto impegnativi che mi porteranno a conquistare anche il Colle dell'Agnello.
Risalendo incontro Sampeyre, uno dei principali centri della vallata, dal quale, svoltando a sinistra, si risale per l'omonimo colle e da dove sarei dovuto arrivare in caso avessi deciso di passare dalla Valle Maira; la strada continua ancora senza troppe sorprese, tra splendidi paesaggi, fino a Casteldelfino altro importante centro dell'alta Valle Varaita.
Uscito dall'abitato si affrontano due duri tornanti, superati i quali si entra nella valle Varaita di Chianale, ai piedi del Monviso,“Il Re di Pietra”, che possente e maestoso domina l'intera valle, le pendenze tornano ad essere abbastanza dolci fino al centro di Castello, abitato posto alla testata dell'omonimo lago artificiale.
La strada, salendo al borgo, costeggia l'antichissimo Bosco dell'Alevè, la più vasta estensione di Pino Cembro d'Italia. Attraversando il paese, si incontra l'ultima fontana dove poter riempire le borracce prima della salita finale, ancora un breve tratto di strada per arrivare a Chianale, ultimo centro abitato prima del colle dell'Agnello.
A Chianale è presente la vecchia dogana italo-francese che funge da riferimento dell'inizio degli ultimi dieci chilometri di salita che porta al colle; la pendenza media sarà di poco superiore al nove percento, ma caratterizzata anche da tratti decisamente duri con punte del quattordici percento.
Ci siamo dunque. Dopo questa lunga passeggiata ha inizio la scalata al colle, la strada, dopo un primo tornante, inizia a salire ripidamente e si fa dura, per me.
Mentre salgo, arrancando un pochino, si affianca un altro ciclista, scambiamo due parole al volo, ma poi lui allunga un po' il passo e lo perdo.
Mentre salgo, arrancando un pochino, si affianca un altro ciclista, scambiamo due parole al volo, ma poi lui allunga un po' il passo e lo perdo.
Si arriva ad un secondo tornante e, nonostante lo sforzo e la fatica, riesco ad ammirare la valle appena attraversata, lo sguardo si perde tra le molteplici tonalità di verde che ne caratterizzano lo scenario, i declivi delle montagne sono composti da estese foreste di cembri, ripidi pascoli e rocce nude.
Giungo faticosamente al quarto tornante dove ritrovo il ciclista incontrato poco prima fermo a bordo strada, sta indossando la mantellina e, dato che non è freddo, presumo che stia tornando indietro; ne approfitto per chiedergli se la salita continui su queste pendenze, lui, sorridendo, esclama: "È anche peggio!"; neanche finiscono di uscirgli le parole di bocca che focalizzo il cartello stradale che indica un bel "14%", gentilmente mi dà anche un paio consigli e mi dice di tenere duro ancora un po'.
Superato questo duro tratto si entra in un paesaggio più chiuso, non si ha più una larga visuale sulla valle, che, anzi, scompare alle mie spalle; sono in una sorta di conca circondata da un ambiente fatto di lunghi e verdi pendii scoscesi che nella sommità culminano in nuda e sterile roccia, un paesaggio che mi accompagnerà fin su alla cima del colle.
In pochissimo tempo il cielo si chiude e mi ritrovo a pedalare tra le nuvole con visibilità molto ridotta. Superando un tornante, incrocio quattro turisti in e-bike che riscendono dalla cima: in quel momento provo un po' di invidia. Questo pezzo è veramente duro e lo sto accusando, ma ormai sono quasi su, un ultimo tornante a sinistra, un rettilineo e sono arrivato finalmente al valico.
È stata dura ma ce l'ho fatta. Anche il Colle dell'Agnello è andato: il terzo colle più alto d'Europa dopo l'Iseran e lo Stelvio. Con grande soddisfazione faccio la foto alla bici poggiata alla grande targa di pietra posta sul confine italo-francese che indica la quota di 2744 metri.
C'è un discreto movimento nella piazzola, molti i ciclisti che salgono dal versante francese. In meno di dieci minuti sono scomparse le nuvole, c'è di nuovo un bel sole e posso godermi la vista del vasto panorama: alle mie spalle le vette che sovrastano la Valle Varaita, difronte la vasta vallée de l'Aigue Agnelle che mi appresto a discendere.
Dal colle percorro, ormai in territorio francese, una lunga discesa che attraversa una serie di borghi pittoreschi. Mi fermo a La Rua per mangiare velocemente un boccone e rilassarmi una mezz'ora al sole.
Dopo pranzo riprendo la strada fino ad arrivare al comune di Château-Ville-Vieille, nella valle del Guil. Il semaforo rosso posto all'ingresso del paese mi permette di ammirare qualche minuto Fort Queyras, bellissimo castello medievale edificato su di uno sperone di roccia.
Dopo pranzo riprendo la strada fino ad arrivare al comune di Château-Ville-Vieille, nella valle del Guil. Il semaforo rosso posto all'ingresso del paese mi permette di ammirare qualche minuto Fort Queyras, bellissimo castello medievale edificato su di uno sperone di roccia.
Passato il castello si percorre ancora un breve tratto di strada prima di arrivare al bivio, che a destra risale il vallone del Torrent de la Riviére e attraversa un paesaggio molto gradevole agli occhi tra prati verdissimi; lungo la strada si incontrano alcune località turistiche come Arvieux, La Chalp e Brunissard.
Attraversando il vallone la strada si alterna tra ripide salite e tratti più dolci. Inizio ad essere un po' preoccupato, mi sento più stanco del previsto, nonostante avessi avuto la lunga discesa ed il pranzo per recuperare le forze. Fortunatamente ho cambiato percorso, altrimenti sarei arrivato stremato a fine giornata.
Continua faticosamente sotto al sole la mia ascesa verso l'Izoard. È decisamente caldo. Oltrepasso la località di Brunissard a 1773 metri e mi avvio verso un lungo ed impegnativo rettilineo, con pendenze anche dell'undici percento, diretto alla base di otto ripidi tornanti che serpeggiano attraverso il bosco di conifere. Nonostante la presenza di molti alberi, la strada rimane costantemente esposta al sole e, per i prossimi cinque chilometri, non si scenderà mai sotto l'otto percento.
La strada è molto piacevole e non eccessivamente trafficata; la piccola crisi di stanchezza sembra superata e posso continuare in tutta tranquillità a salire tra tornanti, roccia e conifere.
Alla fine della serie di tornanti, si giunge in un'ampia curva, al Col de la Platriere, in una posizione che offre un’ottima vista sulla conca sottostante, un paesaggio decisamente emozionante, in un contesto ambientale severo e desolato; la vegetazione è molto diradata.
Scatto qualche foto prima di lanciare l'ultimo attacco al colle, ormai vicinissimo. Dalla curva si affronta un primo tratto in discesa e si attraversa la Casse Deserte con il suo paesaggio quasi lunare, con i suoi enormi picchi rocciosi, al quale non posso rimanere indifferente e, affascinato, scatto anche un paio di foto prima di risalire l'ultimo chilometro che mi separa dalla cima.
Una volta in cima la solita routine e, piacevolmente stanco, passo qualche minuto nella piazzola a scrutare ciò che mi circonda. Ci sono molti motociclisti italiani e con un paio di loro faccio anche due chiacchiere. Saluto e mi avvio verso la discesa che mi porterà a Briançon, mentre scendo incontro, sulla destra, le Refuge Napoleon, dove faccio una sosta per godermi una bella e meritata birra media, tra l'altro anche molto buona. La parte centrale della discesa è davvero molto bella, si affrontano una serie di tornanti immersi tra i boschi verdissimi di conifere.
Arrivo nella cittadina di Briançon che sono appena passate le 18:00, non fatico molto per trovare il mio hotel, è molto vicino all'imbocco della salita per l'Izoard.
Una volta arrivato in albergo e fatte le solite formalità, smonto tutto dalla bici, faccio una doccia ed esco subito per visitare la cittadina, ho letto che il borgo fortificato è molto bello e voglio assolutamente visitarlo.
Una volta arrivato in albergo e fatte le solite formalità, smonto tutto dalla bici, faccio una doccia ed esco subito per visitare la cittadina, ho letto che il borgo fortificato è molto bello e voglio assolutamente visitarlo.
Tappa 4 | Briançon-Avrieux
COL DU LAUTARET (2058 mt), COL DU GALIBIER (2642 mt) e COL DU MONT CENIS (2083 mt)
Partenza poco dopo le otto da Briançon. Da qui mi aspettano circa ventotto chilometri di salita prima di arrivare al Col du Lautaret, le pendenze non saranno mai impegnative, si risale il vallone seguendo il lungo stradone di alta montagna. La sede stradale è molto ampia e favorisce il defluire del traffico decisamente sostenuto, senza creare particolari disagi a chi, come me, percorre in bici quest'arteria.
La prima parte della salita va via senza troppe sorprese, si attraversano i vari centri della valle della Guisane. Solo dopo una quindicina di chilometri il paesaggio comincia ad essere più interessante, almeno ai miei occhi, trasformandosi in quello tipico di alta montagna: verdissime foreste di conifere con imponenti formazioni rocciose che sfiorano il cielo e sulle vette, alla mia sinistra, iniziano a far la loro comparsa anche i primi ghiacciai.
Dopo questa lunga e tranquilla pedalata arrivo su al Col du Lautaret. Mi fermo al bar per un caffè in relax e, seduto fuori ad un tavolino, mi gusto il panorama offerto dall’imponente massiccio della Meije, fatto di pietra e ghiaccio, che, con questi nuvoloni scuri, sembra incombere sul colle sottostante.
Finita la pausa riprendo la strada in direzione del Col du Galibier e inizia la parte dura: poco più di sette chilometri per un dislivello di quasi seicento metri con una pendenza media del 7,8%. Salgo senza troppi problemi, mi sento molto bene oggi.
Salendo si ha più volte occasione di apprezzare la bellezza del paesaggio, innumerevoli le vette che circondano la parte alta della valle, sotto di me la strada appena percorsa che fende i verdi prati da pascolo e un numero sempre crescente di ciclisti iniziano a comparire piccoli dietro di me.
Affrontando gli ultimi chilometri, appena dopo un tornante, compare lo Chalet du Galibier: alle sue spalle una galleria, vietata alle bici, che sbuca nell'altro versante; alla sua destra, invece, un’ultima lingua di asfalto si fa strada tra la roccia, risalendo in forte pendenza l'ultimo chilometro prima di valicare il Col du Galibier.
C'è molta gente nella piccola piazzola e per la foto bisogna fare la fila nel vero senso della parola. Molti sono i ciclisti che salgono da entrambi i lati e molti anche i turisti in moto.
Diversi gli italiani, con uno scambio anche due parole, lui viene da Bardonecchia, non era ancora sicuro se continuare per Modane e rientrare su al Moncenisio o tornare indietro, alla fine tornerà indietro.
Scendendo a valle si attraversa la località sciistica di Valloire, nel dipartimento della Savoia, da qui circa cinque chilometri in leggera salita mi portano al Col du Télégraphe.
A dominare il paesaggio l'omonimo forte che, edificato sul finire dell'Ottocento e posto in una posizione strategica, offre uno splendido panorama sulla valle della Maurienne.
Arrivo nel centro di Saint-Michel de Maurienne verso ora di pranzo; non essendo affamato mi fermo solo per togliermi la giacca, mandare un paio di messaggi e subito riprendo la strada in direzione di Modane, alle porte dell'alta valle della Maurienne.
Risalendo la valle percorro la route D1006 pressoché deserta, sarà perché è ora di pranzo o a causa della presenza dell'autostrada che corre quasi parallela, fatto sta che si pedala che è una meraviglia, il paesaggio mi risulta un po' monotono, forse a causa delle nuvole molto basse, che minacciano pioggia e limitano la mia vista.
Dopo questa tranquilla pedalata arrivo nel centro di Modane, collegata con l'Italia dal Traforo del Frejus. Le nuvole si fanno sempre più minacciose ed inizia a cadere anche qualche goccia, il vento è forte alle porte della cittadina. Teoricamente sono arrivato a destinazione, qui ho prenotato l’hotel, ma ancora non ho guardato dove si trovi di preciso.
Dato che sono circa le quindici, mi sembra un po' presto per chiudere la giornata e così, nonostante le brutte intenzioni del tempo, decido di proseguire per altri trenta chilometri per salire su al Col du Mont-Cenis.
Appena uscito dal centro di Modane si incontra un duro strappo dopo il quale la strada riprende con pendenze decisamente più dolci, fino all'altezza delle due fortezze “Fort Victor-Emmanuel” e “Fort Marie Thérèse”, poste l'una di fronte all'altra e collegate tra loro attraverso il Ponte del Diavolo, costruito su un canyon ad un'altezza di circa cento metri.
Da qui, dopo un tratto di discesa, la strada continua senza difficoltà fino alla località di Termignon. Faccio una breve sosta, c'è una fontana coperta e approfitto per riempire le borracce e ripararmi due minuti dalla pioggia, anche se leggera. Da questo punto si affronta un primo tratto di dura salita per poi proseguire in falsopiano fino al centro turistico di Lanslebourge. Da questa località turistica ha inizio la salita che mi porterà al Col du Mont-Cenis.
Non appena imbocco la strada per il colle la pioggia cade con più consistenza. La salita si snoda sinuosa su tornanti immersi tra splendidi boschi, salendo si può apprezzare appieno il paesaggio dell'alta valle della Maurienne, una splendida vista sui ghiacciai e sulle vette del massiccio Vanoise infonde forti emozioni.
Sono una decina i chilometri di salita che mi portano infine su al colle del Mont-Cenis da dove ho una bella visuale sull'omonimo lago nonostante le nuvole molto basse. Mi fermo a bere una bella birra ed una coca-cola per poi ripercorrere i trenta chilometri che mi riporteranno a Modane, più precisamente ad Avrieux, dove passerò la notte.
Il centro di Avrieux è veramente molto carino, gironzolo un pochino tra stretti vicoletti prima di andare in hotel che si trova proprio in uno di questi, una struttura molto carina e accogliente.
Dopo la doccia scendo giù per cena. Non è ancora pronto, così mi concedo un paio di birre con il proprietario; a scuola ho studiato un il francese, quindi bene o male riusciamo a scambiare un po' di chiacchiere, anche lui è molto incuriosito dalla mia ciclo avventura e, con molta premura, insieme a sua moglie, mi prepara una ricca cena.
156 chilometri e 3.228 metri di dislivello positivo.
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Ultimi commenti
Oggi con una ebike si possono fare dei percorsi impegnativi fisicamente (per una bici senza motore) ma per quanto riguarda la tecnica non tutti possono fare dei giri tecnicamente difficili.
Io, con i miei 67 anni, cerco giri fino a 1500 m di dislivello, ma non troppo difficili tecnicamente per potermi gustare pienamente i paesaggi e i posti, senza dover rischiare su single trail esposti.
Grazie Enrico