Tappa 11 | Ortisei - Auronzo di Cadore
PASSO GARDENA (2121 mt) – PASSO VALPAROLA (2192 mt) – PASSO GIAU (2236 mt) – PASSO TRE CROCI (1809 mt) – RIFUGIO AURONZO (2333 mt)
Inizia un nuovo giorno che porta con sé una nuova ed entusiasmante avventura. Per oggi è prevista una lunga e dura giornata in sella. Arrivo in sala pranzo già pronto per partire, ci sono diversi ciclisti: ad un tavolo ne conto una dozzina, sembrano tedeschi e tutti pronti per un'escursione in MTB tra questi bellissimi luoghi, in un altro ci sono due italiani, mentre il resto dei clienti sembrano motociclisti; come previsto la colazione è bella ricca e faccio scorta in previsione dell'impegnativa giornata.
Sono le otto ed un quarto precise quando mi metto in marcia diretto ad Auronzo di Cadore. Nei primissimi chilometri attraverso il bellissimo borgo di Ortisei, evitando così le gallerie, rientro in strada appena passato il centro e mi immetto nella ciclabile aldilà del fiume Rio Gardena. La ciclabile è un tranquillo passaggio nel fondovalle ma nasconde un'insidia finale: termina con un durissimo strappo con punte del 16 percento prima di rientrare nella Strada Statale 242 di Val Gardena e Passo Sella, appena prima del centro di Santa Cristina Valgardena, superato il quale si continua in direzione di Selva di Val Gardena.
Si attraversa il bellissimo centro di Selva e si prosegue lungo la Statale, le pendenze si dimostrano moderate con
brevi incursioni al 10%, proseguendo si incontra anche la località di Plan de Gralba dove iniziano a comparire gli inconfondibili profili del
Sassolungo e della Sella. Ancora un paio di chilometri con alcuni bei tornanti e si arriva ad un bivio: proseguendo si sale al Passo Sella mentre svoltando a sinistra, la mia opzione, si risale la Strada Statale 243 del Passo Gardena.
Posti eccezionali questi che mi mettono di buon umore. Continuo a salire in direzione del Gardena e la strada si restringe sensibilmente e con il traffico veicolare molto presente bisogna prestare attenzione. Le pendenze rimangono moderate almeno sino ai pressi della Sella del Culac dove arrivano a toccare punte dell'otto percento; superato il Culac si affronta una spettacolare discesa sotto le pareti del Sella che si stagliano maestose sopra la strada emozionando non poco chi ha il piacere di percorrere questo tratto stradale.
Superata la discesa si giunge alla base degli ultimi tornanti che in poco più di due chilometri, con pendenze sempre moderate, mi condurranno alla sommità del passo. Salendo mi volto ad ammirare il paesaggio, la
vista è davvero stupefacente: un immenso scenario che inonda gli occhi e la mente; nel silenzio del momento mi godo questo spettacolo e l'animo è pervaso di emozioni semplici, naturali, genuine e intense, risvegliando sensazioni quasi del tutto assopite, anestetizzate dai ritmi frenetici della quotidianità oramai piena di emozioni silicee.
Giungo su al Passo Gardena, il primo obiettivo di giornata è andato, ora una bella discesa tra incantevoli paesaggi mi porterà sino al centro di Corvara in Badia. La strada termina in un incrocio dove a destra si procede in direzione di Arabba risalendo al Passo di Campolongo, mentre a sinistra si va verso Brunico; quest'ultima opzione sarà la mia scelta, almeno fino alla località di La Villa, da dove, svoltando a destra, si risale al Passo di Valparola e Falzarego. Di eccezionale bellezza anche questa salita che accompagna al passo: percorrendo la strada si possono ammirare imponenti pareti dolomitiche, stupende foreste di conifere e verdissimi pascoli.
Dopo una dozzina di chilometri circa, conquisto anche il passo di Valparola dove scatto un paio di foto prima di avviarmi verso il Passo di Falzarego, che dista non più di un paio di chilometri e al quale si arriva tramite una ripida discesa. Giunto al secondo passo mi concedo una pausa per mangiare qualcosa; così mi avvio verso il bar per una bella birra ed un panino, mi accomodo fuori a gustarmi la vista sulla parete rocciosa e la funivia che la risale fin su al rifugio Lagazuoi mentre consumo il mio pasto.
Mi ricompongo senza troppa fretta e mi avvio in direzione di Cortina, la discesa è molto bella ed ho avuto il piacere di percorrerla già un anno fa quando ho scalato il Falzarego da Arabba. Purtroppo scendendo incontro molto traffico e poco avanti, un pullman scende a fatica tra i tornanti facendo da tappo alle molte auto che lo seguono, l'aria è satura di smog. Dopo una decina di chilometri arrivo in prossimità del bivio per Caprile e decido di fare una breve sosta per togliermi l'antivento e lo scaldacollo, l'aria è decisamente più calda e piacevole; mentre mi svesto vedo il cartello che indica il
Passo Giau ad appena undici chilometri da qui; ci penso un minuto e mi sembra decisamente fattibile, magari più tardi non salirò su al rifugio Auronzo, dato che ci sono stato già un anno fa e magari posso eliminarlo, anche se è una di quelle
salite Heavy Metal che tanto mi piacciono e che regalano emozioni decisamente forti, che rimangono impresse a vita.
Quindi mi avvio in direzione del passo, si percorre una bella strada quasi sempre immersa nel folto bosco, questo versante è quello più “facile” rispetto all'altro ma non bisogna fermarsi al mero numero relativo alla pendenza media perché è falsata da alcuni facili tratti iniziali in falsopiano, superati i quali la scalata si fa ardua, mai estrema, ma comunque abbastanza dura, soprattutto con il carico al seguito. Ottima decisione quella di fare questa deviazione, la salita è veramente molto bella, stranamente il traffico è quasi nullo e posso godermi ogni attimo di questa scalata. Inizio ad avvicinarmi al valico ed il bosco, via via, inizia a diradarsi, affannosamente percorro gli ultimi chilometri fino ad arrivare alla piazzola posta su al Passo Giau.
Un signore sulla mezza età in maniera molto simpatica mi urla
“dai che è fatta!”, ricambio salutandolo con un gran sorriso ed una battuta. In cima al passo si può godere di una vista spettacolare sulle cime dolomitiche che lo circondano, forse uno dei paesaggi più belli visti finora, intanto mi avvio al bar per il solito pit-stop. Mentre mi avvicino vedo un tizio che mi saluta energicamente con le braccia, lo riconosco subito, ci siamo incontrati salendo al Passo Valparola, sono due simpatici signori inglesi sulla cinquantina.
Passiamo dieci minuti assieme mentre loro prendono un cioccolato caldo ed io un panino con birra e coca-cola; a fatica riusciamo a scambiare due parole, cerco di spiegargli il mio percorso, bene o male, mi capiscono dopodiché ci salutiamo, loro vanno a valle mentre io torno sui miei passi fino a Cortina, dove intraprenderò l'ascesa al
Passo Tre Croci, quella che probabilmente sarà l'ultima salita della giornata. Quindi, dopo la bella deviazione fuori programma, mi appresto a raggiungere la Regina delle Dolomiti, Cortina d'Ampezzo, località rinomata in tutto il globo grazie alla bellezza del territorio dove sorge; giunto nel centro del paese inizia a scendere una leggera e gradevole pioggerellina, nulla di preoccupante a giudicare dal cielo, qualche nuvola qua e là che presto dovrebbero diradarsi.
Seguendo la strada nel centro abitato del capoluogo ampezzano si attraversa un passaggio a senso unico che mi rimane impresso, lo trovo molto bello: si attraversano le alte arcate del ponte su cui scorre la
Lunga Via della Dolomiti, pista ciclabile che sfrutta in gran parte la
vecchia ferrovia che collegava Calalzo di Cadore a Dobbiaco, attraversando alcuni dei paesaggi più suggestivi e spettacolari al mondo.
Oltrepassate le arcate del ponte si entra in un tratto più chiuso, privo di edifici, ad esclusione della Funivia Faloria in alto a sinistra; ho quasi la sensazione di essere già lontano chilometri dall'abitato, avanti a me un tornante che attraversa il torrente mentre, oltre, una folta vegetazione e il gruppo del Cristallo a sovrastare il tutto. In breve, superato questo passaggio, si arriva all'incrocio che a destra risale dritto al Tre Croci seguendo la Strada Regionale 48 delle Dolomiti; da Cortina sono circa otto i chilometri, con una pendenza media del sette percento circa, una salita da non sottovalutare assolutamente dato che è abbastanza irregolare nel suo percorso, con dei tratti davvero impegnativi ma molto gratificante nel complesso.
Salendo, sulla sinistra, corre il bellissimo e suggestivo gruppo del Cristallo, presenza imponente composta da spettacolari cime frastagliate. Finalmente arrivo anche su al Passo Tre Croci, prese il suo nome a seguito di una triste vicenda avvenuta molti anni addietro, sul finire del 1700, quando qui trovarono la morte per assideramento una madre con i suoi due figli.
Ripresa la via e percorsi quattro chilometri in discesa si giunge ad un bivio, continuando sulla regionale si prosegue in una stretta curva a destra che porta ad Auronzo di Cadore, mentre svoltando a sinistra ci si immette nella Strada Provinciale 49 di Misurina; mi fermo un minuto per decidere sul da farsi: sono decisamente stanco ed i metri di dislivello accumulati per oggi ammontano oramai ad oltre 3500, ma la tentazione di raggiungere il Lago di Misurina e le Tre Cime di Lavaredo è più forte della stanchezza. Così continua ancora in decisa salita la mia giornata.
Salendo ripenso al paesaggio estremamente suggestivo che mi attende, ma sono anche consapevole della salita che dovrò affrontare per guadagnarmelo, non sarà per niente una passeggiata. Dopo non molto mi trovo a lambire le sponde del Lago di Misurina, lo oltrepasso e mi avvio verso gli ultimi cinque chilometri che mi porteranno su al
rifugio Auronzo, a quota 2333 metri, memore della sfacchinata fatta un anno fa. Mi fermo ad una fontana alla fine del lago per riempire le borracce prima della salita.
Affronto un tratto relativamente facile che accompagna alla prima durissima rampa, questa è veramente tremenda, non sono freschissimo e soffro davvero nel salire, quasi quasi sono tentato di tornare indietro; resisto spinto dalla forza d'animo più che fisica, riesco a superare questa ripida rampa con pendenze che toccano anche il
18% e arrivo al
Lago d'Antorno. Qui per fortuna un tratto in falsopiano ed una successiva breve discesa mi aiutano a riprendere un po' di fiato, ma guai ad abbassare la guardia proprio adesso, tra poco arriva il meglio!
Supero il casello per il pedaggio delle auto, percorro un’altra chilometrata e supero la Malga Rimbianco, da qui inizia l'ultima parte della salita: quei quattro chilometri in cui le pendenze non caleranno mai sotto il dieci percento e con punte che toccheranno il diciotto; si sale senza tregua alcuna, la pendenza media sarà di oltre il 13% e con questa stanchezza è veramente tosta salire. Mi armo di tutto il coraggio che ho e inizio a pedalare, devo farcela assolutamente anche quest'anno; l'ascesa è sofferta ma non perdo la mia positività e trovo anche la voglia di assaporare tutto ciò che ho attorno scherzando un po' con me stesso.
Con la mente passo in rassegna tutto ciò che ho messo nelle borse e a tutte quelle cose che fortunatamente non son servite ma che hanno appesantito ulteriormente la mia già pesante ascesa, ma comunque si continua a salire. Finalmente arrivo su al rifugio dove posso godere del paesaggio unico, uno spettacolo naturale senza pari. Entro nel rifugio per una bella birra media e mentre il tizio me la serve mi dice con un sorrisetto “tieni che te la sei meritata tutta”, mai tanto vero, una salita durissima quanto gratificante, se poi aggiunta al resto!
Finita la pausa riscendo verso Auronzo. Mi sento veramente molto stanco, ho dato parecchio per oggi e sinceramente sono anche un po' preoccupato visto che domani affronterò lo Zoncolan, non vorrei andare in crisi proprio sul finale, comunque per adesso è tutta discesa fino ad Auronzo. Arrivo finalmente in hotel e ad attendermi il proprietario, un ragazzo molto simpatico e gentile, avrà forse pochi anni più di me; riesco a fare tutte le pratiche del caso tra le domande curiose di lui e di un ospite dell'hotel e finalmente riesco a salire per una doccia calda.
Ho una fame tremenda così mi attivo subito per cercare un buon ristorante dove poter mangiare qualcosa di buono e, soprattutto, di tipico.
Trovo velocemente qualcosa di interessante, le recensioni sono tutte positive e, ancor meglio, è proprio ad una cinquantina di metri dall'albergo. Il locale è molto carino e la cucina è davvero molto buona e mi scolo anche un paio di birre medie, forse tre, non ricordo bene stavo per cadere addormentato sul tavolo per la stanchezza. Percorsi 141 chilometri e 3889 metri di dislivello positivo.
Tappa 12 | Auronzo di Cadore-Udine
SELLA CIAMPIGOTTO (1790 mt)- ZONCOLAN (1750 mt)
In sala come al solito ci sono solo io, ma questa volta con la piacevole compagnia del simpatico proprietario. Scambiamo due chiacchiere, intuisce subito che passerò dallo Zoncolan, da qui non dista molto ed è un must per tutti i ciclisti. Inizia così la mia ultima tappa, da una parte sono molto felice di aver dato vita per intero alla mia idea ma dall'altra sono un po' triste, ormai è alle battute finali questa mia straordinaria esperienza.
A dispetto della sfacchinata di ieri, le gambe le sento fresche e riposate, fortunatamente dato che avevo un gran pensiero in vista del Kaiser. Oggi è il fatidico giorno, affronterò finalmente lo Zoncolan; non nascondo che negli ultimi due giorni sia stato il mio pensiero fisso, dopo aver visto le pendenze non mi sentivo del tutto sicuro di volerlo affrontare, ero intimorito al pensiero di non riuscire a salire. Mi avvio verso valle, poco prima di
Lozzo di Cadore incontrerò uno svincolo che porta alla Sella Ciampigotto che dovrò risalire prima di discendere ad Ovaro, paese d'inizio della salita allo Zoncolan, naturalmente per il gran finale mi sono tenuto il versante più duro.
Arrivo dunque allo svincolo e abbandono l'alta valle del Piave per risalire alla Sella, da subito è chiaro che sarà un passaggio a traffico quasi zero, la cosa non può che farmi piacere. La salita non è cortissima, saranno circa 17 i chilometri, presenta dei tratti abbastanza severi ma in compenso si attraversa un paesaggio boscoso e solitario. La salita è molto piacevole proprio per la quasi totale assenza di auto, di tanto in tanto incontro qualche simpatico signore con cui posso scambiare due battute veloci mentre passo.
Salendo si affronta una serie di tornanti, una dozzina circa, anticipata da
un cartello che indica un bel 15%; trovo molto suggestivo questo tratto, i primi duri tornanti si arrampicano sinuosi tra la dura roccia per poi incunearsi in un bellissimo passaggio boscoso, avverto un forte senso di pace e benessere, non mi aspettavo di trovare un ambiente così piacevole e desolato, le pendenze ora passano in secondo piano e respiro a pieni polmoni l'aria profumata.
Affronto gli ultimi due tornanti accompagnato da una spettacolare vista, mancano ancora qualche centinaio di metri per giungere su, a Sella Ciampigotto: uno scenario ampio, con qualche struttura in legno a bordo strada; lo supero velocemente prima di lanciarmi nella discesa che mi porterà sino ad Ovaro. Dopo una lunga e rilassante discesa giungo in prossimità dell'ultima salita. È arrivato il momento di affrontare il temuto Kaiser: è sicuramente una delle salite più dure in Europa ed ora ho la fortuna ed il piacere di affrontarlo.
Proprio come in ogni gioco che si rispetti, a chiudere la mia avventura ci sarà proprio lui, il mostro finale, 1210 metri di dislivello positivo in poco più di dieci chilometri! Subito da Ovaro si sale in forte pendenza verso il centro di Liariis, solamente un piccolo assaggio di ciò che mi aspetta più avanti. Arrivato al termine di questo primo duro tratto, c’è un largo incrocio, sull'asfalto una grande freccia a destra ed una scritta a caratteri cubitali che recita
“ZONCOLAN”.
Impossibile sbagliare direzione, non mi rimane che proseguire sulla destra e superare un breve tratto in falsopiano, saranno all'incirca un cinquecento metri, che conduce all'inizio della salita; percorrendoli ci si imbatte in alcune “confortanti” citazioni dantesche che culminano con un simpatico striscione ad inizio salita con su scritto “La Porta dell'Inferno”. I presupposti per la ritirata ci sono tutti! Ma nemmeno per sogno! Dopo tutta questa strada è un pensiero che neanche prova a nascere nella mia mente. Si va avanti a tutta, questa volta i Ramones non basteranno, ci vuole qualcosa di più energico, di elettrizzante: nella mia mente intono subito “Gimme fuel, gimme fire, gimme thet which I desire, ooh!” le prime parole di Fuel dei Metallica, altro classicone nelle mie uscite.
Che poi in realtà io la canto così: ghimm' fu, ghimm' fa, ghimm' fann sa nna sa, uh! Comunque con me funziona lo stesso. Ripeto queste prime confuse parole come un mantra, lo faccio innumerevoli volte fino a che, senza nemmeno rendermene conto, si perdono nel momento di totale concentrazione e fatica. La strada prende inesorabilmente a salire e lo fa anche molto bruscamente. Passo il primo chilometro a cercare di trovare il giusto ritmo per le mie gambe, avanti a me un muro di quasi sei chilometri con una pendenza media impressionante che si attesta intorno al 15% e con punte superiori al 20%.
Affannosamente percorro un metro dopo l'altro di questa ripidissima rampa che sembra non aver fine; sul mio ciclocomputer la pendenza indicata è fissa sul 18% e, nonostante ciò, trovo anche il fiato per inviare un messaggio vocale ad un amico. Finalmente, si fa per dire, arrivo ad un primo tornante, la pendenza nella parte interna è veramente impressionante, la prendo più larga che posso, il peso delle borse adesso lo sento tutto.
Continuo nella mia sofferta ascesa, la salita non dà tregua alcuna, in alcuni momenti vorrei proprio mettere un piede a terra e riprendere fiato un attimo, ma qualcosa mi fa desistere, non so se sia la voglia di conquistare questo benedetto Kaiser o la paura di non farcela a ripartire su queste pendenze. Al sesto tornante incontro la prima persona da quando è iniziata la salita. Un tizio straniero fermo con la sua bici a bordo strada mentre fotografa uno dei cartelli riportante la storia di qualche leggendario ciclista dell'epoca; ci salutiamo e continuo a salire. Superato il tornante, a meno di cento metri, c’è una sagoma in bici, credo sia la compagna del tizio fermo poco dietro, mentre la supero non posso non notare la maschera di fatica e sudore, la saluto ma è totalmente assorta nella sua tremenda impresa, non sono sicuro che mi abbia visto.
Sicuramente lo Zoncolan è come me lo aspettavo, decisamente duro, mi sta mettendo alle strette ma la fatica rimane sempre nei limiti e nonostante tutto riesco a pedalare e a gustarmi la fitta vegetazione che avvolge la strada.
Non so più a quale tornante mi trovo ma un cartello, di quelli riportanti i ciclisti del passato, indica che ho percorso cinque chilometri, sulla destra inizia ad aprirsi il paesaggio. Le durissime pendenze vengono mitigate da un tratto decisamente più dolce, tornando a percentuali molto più gestibili e, subito dopo, un pezzo pianeggiante mi porta sino alla breve serie di gallerie.
Esco dall'ultima galleria pronto per l'assalto finale, una manciata di tornanti e sarò in cima. Le pendenze di questi 500 metri sono comunque molto impegnative e sempre a doppia cifra, oramai poco importa, sono arrivato ed è questo quello che conta.
Finalmente ho conquistato anche lo Zoncolan, la perfetta chiusura della mia avventura tra le Alpi. Dopo dodici giorni e poco più di 1800 chilometri sono in cima all'ultima salita del mio viaggio... e che salita! Con un senso di distensione, che accompagna ogni conquista, sfilo davanti al monumento dedicato al ciclista scalatore, al momento è affollato, mi fermo poco più in là insieme ad un paio di ciclisti saliti dall'altro versante. Adesso posso voltarmi indietro e guardare con soddisfazione al grande giro fatto. Ripenso a tutte quelle salite e quei luoghi che ho attraversato negli ultimi dodici giorni; penso anche al fatto che appena due anni fa, una cosa del genere non era neanche lontanamente tra miei pensieri più remoti, la bici da strada nemmeno ce l'avevo.
Adesso provo un po’ di tristezza, ma doveva pur terminare il mio giretto nelle Alpi.
Scambio qualche chiacchiera con i due, alla fine ci scattiamo due foto reciprocamente davanti al monumento e ci salutiamo.
Metto su la mantellina e via verso valle, dopo un paio di chilometri, forse più, incontro sulla sinistra il
Rifugio al Cocul, così decido di mangiare un boccone. Non ricordo il nome di cosa ho ordinato ma era un qualcosa di simile a dei ravioli: squisiti, veramente buoni.
Riprendo in velocità la discesa, oramai il mio viaggio è agli sgoccioli. Da qui una lunga galoppata di circa 75 chilometri fino ad arrivare ad Udine, la strada è molto trafficata ma anche molto larga e mi permette di viaggiare molto velocemente, adesso ho solo voglia di arrivare ad Udine e di chiudere il viaggio. Verso le 16 e 30 sono in giro per i vicoletti del centro di Udine; questo è chiuso al traffico e ci sono una miriade di stand aperti, così prima di andare in alloggio faccio un bel giro per poi rientrare in casa, smontare la bici e preparare tutto per il rientro in treno in Abruzzo.
Termina così la mia traversata delle Alpi, con la promessa di tornare di nuovo l'anno prossimo e affrontare tanti altri passi, di nuovi e di vecchi, in un'avventura, se possibile, ancora più impegnativa.
Nell'ultima tappa ho percorso 150 chilometri e 2400 metri di dislivello positivo.
Ultimi commenti
Oggi con una ebike si possono fare dei percorsi impegnativi fisicamente (per una bici senza motore) ma per quanto riguarda la tecnica non tutti possono fare dei giri tecnicamente difficili.
Io, con i miei 67 anni, cerco giri fino a 1500 m di dislivello, ma non troppo difficili tecnicamente per potermi gustare pienamente i paesaggi e i posti, senza dover rischiare su single trail esposti.
Grazie Enrico