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Bicitalia: viaggio in Italia in bicicletta | Terracina - Pontassieve
Scritto da Alessandro67
È una speranza, una grossa speranza appesa a un esile filo quella di riuscire a sistemare la ruota per continuare Bicitalia. Il negozio apre puntuale alle 8.30 e come immaginavo le proposte si sintetizzano in unica possibilità: comperare una coppia di ruote nuove, 160 euro più il costo del lavoro del meccanico, con la costrizione di lasciare là il cerchio davanti. Rifiuto la proposta e indaghiamo tra i rivenditori della zona se vendono ruote spaiate o se hanno un cerchio da 28 per 28 raggi. Niente di niente. Si profila la triste ipotesi di abbandonare, ma non voglio...
Lunedì 8 giugno - Problemi meccanici
Faccio un po' di strada con la ruota che ballonzola e le crepe che sembrano farsi più evidenti. Vicino a San Felice Circeo chiedo a un benzinaio se conosce qualcuno che ripara biciclette e vengo indirizzato da un meccanico che all'idea di mettere mano ai raggi della ruota si comporta in malomodo e mi congeda frettolosamente. Cosa che si ripeterà con costanza in tutti gli store. Non scatto foto, sono depresso, mi sento umiliato e mi ha deluso il fatto di non avere trovato qualcuno disposto a darmi una mano concretamente. Mi fermo a mangiare e a bere in una panetteria dove l'allegria delle commesse mi sprona, mi dà una carica che ribalta l'umore e dopo la partenza ho un'idea illuminante per tamponare il problema: avvolgere con una fascetta di plastica incrociata il cerchio attorno al raggio legando anche il pneumatico. Mi fermo e lego, stringo forte e provo a vedere se la fascetta tiene al continuo rotolare sull'asfalto. Si sente la ritmica ricalcata, ma tiene, controllo e non c'è usura. Vado e il morale sale. Faccio il passaggio al Circeo, e poi sulle linee di dune che portano a Sabaudia con un buon carico di vento alle spalle che agevola. Passo il lago di Caprolace e la statale si insinua tra due ali di pini marittimi. Le radici spaccano l'asfalto ovunque, è un percorso accidentato con buche e dossi, devo guidare con tantissima attenzione tenendo d'occhio anche le macchine che sfrecciano. Nettuno è un centro elegante di ville storiche, Anzio si sviluppa attorno al porto e riesco anche a trovare il monumento che commemora lo sbarco degli alleati durante la seconda guerra mondiale. Dopo Anzio la strada si deteriora, la mappa segna una infinita traccia che si conclude a Ostia dopo 45 km. Sono le quattro del pomeriggio, inizia il nuovo slalom con un temporale che brontola poco dietro di me. Offre poco questo tratto di costa, preda di una cementificazione selvaggia, di un successivo abbandono e di una ripresa lenta e disordinata. Tor Vaianica è un centro urbano consistente che di questa rinascita mista all'abbandono si erge a esempio. Medito dubbioso sulla possibilità di cercare qui un posto per la notte, ma ho ancora forze e luce e la bici tiene bene, quindi sfido i 14 km che mancano per arrivare a Ostia. La strada cambia di nuovo offrendo un litorale sabbioso coperto da una vegetazione rigogliosa e con un susseguirsi di stabilimenti balneari dai nomi fantasiosi. La luce diminuisce divorata dal temporale incombente che poco prima dell'arrivo a destinazione mi raggiunge con una fastidiosa pioggia. Appena in tempo per mettermi sotto un ombrellone e scende uno scroscio impetuoso. Trovo sistemazione all'hostel Litium, che occupa gran parte di un immenso edificio che una volta fu sede di una colonia per i bambini laziali. Ora sono nella mia camera, traccio rotte, controllo altimetrie e itinerari per arrivare domani a ridosso di Orvieto e tutto sembra predire un'altra bella avventura a pedali sui colli laziali.
Martedì 9 giugno - Verso Viterbo
Ostia si sveglia con un sole caldo accolto dall'aria fresca, reduce da una nottata di pioggia. L'ostello alle sette è ancora paralizzato nel suo immobilismo mentre mi agito tra carte geografiche e rotte altimetriche sul telefono per trovare il giusto compromesso per raggiungere Viterbo. Viterbo, la vedo troppo lontana per le mie gambette secche, sono più di centodieci chilometri di colli impegnativi. Vedremo. Intanto sarà già un'impresa uscire da Ostia e trovare il bandolo della matassa sui fiocchi d'asfalto che circondano l'aeroporto di Fiumicino. La testa si impasta su qualcosa che ancora non è un problema fino a quando realizzo che sui pedali tutto ruoterà nella direzione del manubrio. La colazione dell'ostello si tiene nella sala mensa deserta, consumo velocemente il caffè ed esco per iniziare a pedalare ma faccio una piccola sosta al bar in prossimità delle spiagge, dove assisto al simpatico siparietto di un laziale (cliente) e un romanista (barista) che scherzano goliardici mentre assumo una vera dose di caffeina e un cornetto extralarge alla crema. Sazio mi avvio sulle strade trafficate riuscendo rapidamente a trovarmi dietro il mega aeroporto che spara vettori di continuo. Punto verso il litorale dove da Fregene ho intenzione di virare verso nord, ma dopo una decina di chilometri di buona lena, la strada è interrotta per lavori su una condotta fognaria. Trovo una deviazione su un vicolo di campagna e uscito dalla polvere, chiedo informazioni a un giovanotto che ramazza la strada sulla via più consigliabile per il lago di Bracciano. Le sue indicazioni sono preziose e dettagliate e giunto all' incrocio segnalato, svolto e inizio a salire, progressivamente ma con tranquillità. Bracciano è un lago, ma anche una cittadina virile, con il castello che recita la parte più importante.È l'una faccio una pausa per mangiare una focaccia alla cicoria rinforzata e sostituire le medicazioni alla ruotina della biciclettina. Metto le nuove con cura, constatando che l'usura delle precedenti non era poi così eccessiva come pensavo. Esco da Bracciano sulla provinciale 147, quando in piena salitona, mi accorgo di avere forato l'anteriore e nel rotolamento della ruota vedo subito una puntina da disegno gialla. Se non altro la causa è molto chiara, quindi cambio camera e riparto. È un saliscendi lungo, infinito, nel mezzo di una foresta la carreggiata a tratti è molto danneggiata sul bordo costringendomi a stare in centro, ma tengo duro e spingo recuperando nelle troppo brevi discese. Raggiungo la Cassia che mi porta a Vetralla, dove cerco una sistemazione. Sono le 17.30, per arrivare a Viterbo mancano 15 km e sono molto stanco. Al primo tentativo, sparano 60 euro, al secondo 50. Controllo le sistemazioni di Viterbo sul telefono e una mi propone una singola a 36 euro, chiamo e verifico, mi danno disponibilità e io accetto la sfida. Un'ora, ancora un'ora di bici, di saliscendi. Finalmente arrivo a Viterbo, anche la bicicletta suda e puzza come un caprone, ho le mani nere, la faccia impolverata, faccio proprio schifo. Mi presento lurido al signore che mi accoglie molto gentilmente in una casa bellissima, arredata con antichi mobili cinesi (b&b Oriente), con il letto rivestito di seta e la doccia con l'idromassaggio. Profumo di oriente, quadri naif cinesi alle pareti e tappeti persiani. Pago la stanza all'istante per rassicurarmi sul prezzo e poi via di filato sotto l'acqua calda. Sapone della casa, massaggio alle gambe con crema alle rose, il giusto premio per una giornata a tutto pedale.
Viterbo mi strega, ha un borgo medievale abitato da persone reali, non è in abbandono, gente esce ed entra continuamente da portoni e porticine. I locali sono poco frequentati visto il giorno feriale e l'ora tarda, ma trovo lo stesso una piadina da addentare e un gelato da leccare. Scatto un po' di foto, ma qui è meglio attendere il mattino quando la luce svelerà le bellezze della città. Il letto attende, non lo faccio aspettare, se no si offende.
Mercoledì 10 giugno - Su un molare di tufo
Lento, tutto comincia in modo lento. Mi alzo piano, controllo il tempo fuori dalla finestra, apro l'acqua della doccia che lentamente si scalda, mi vesto pigramente e ciondolo nella stanza per raccattare le cose e chiudere il bagaglio. Nella cucina del bi en bi, il padrone di casa apparecchia e serve una colazione sostanziosa e, dopo i normali convenevoli, esco incrociando lo sguardo di un carabiniere che appostato fuori dalla caserma si presenta come appassionato ciclista e il discorso prende il via. Dove, come, quando, in quanti e il costo e il mangiare e il suo magone perchè vorrebbe ma non riesce. Il mio consiglio è di iniziare e poi di lasciarsi andare, con lentezza.Viterbo di giorno gioca le sue carte migliori, si palesa come borgo medievale con una caratteristica rinascimentale. Curata ogni pietra, lastra, vaso di fiori. I gelsomini sono dappertutto e l'aria del mattino trasporta il profumo ovunque. Esco in direzione Bagnoregio sulla strada indicata dal padrone della casa e, molto imballato, prendo male le prime salite riducendo lo sforzo al minimo con una ricerca del risparmio votata alla conservazione di energie per il pomeriggio, nel caso avessi avuto bisogno di un'ultima tirata.
Civita di Bagnoregio è un borgo unico nel suo genere, è arroccato sul piatto di un molare di tufo che si erge sui calanchi, una tipica configurazione del territorio eroso dal tempo. È un'isola che si erge silenziosa nel panorama, legata al mondo con un sottile cordone ombelicale dal quale passano soltanto i pedoni. Si definisce "il paese che sta morendo" ma in tutta onesta sembra molto attivo e produttivo nella ristorazione di turisti affamati. Uscito dl borgo, mi dirigo a nord verso Orvieto con una lentezza inconsueta. Ascolto "The Wall" dei Pink Floyd. La musica si integra a meraviglia con la fatica, il caldo, la sofferenza, la strada disgraziatamente piena di buche, il sudore, i paesaggi incantevoli fatti di grano biondo e austeri cipressi che sfidano il cielo. Ipnotico ciondolare, il cambio che ingrana rapporti, i freni che fischiano in discesa. Ad un certo punto mi scoccia anche arrivare.
Poi vedo il bastione di granito marrone e le costruzioni in cima che affollano lo spazio. Sembra un sogno di Spielberg in guerre stellari, una città impensabile. Con somma gioia apprendo che posso salire in vetta con la funicolare e io e la bici paghiamo 2 euro e 60.
Orvieto è ovviamente più bella da dentro che da fuori, mi meraviglia il frontone della cattedrale che ha un infinità di decorazioni, la piazza del popolo e il pozzo di san Patrizio che salto, per non perdere troppo tempo sul ruolino di marcia. Sono quasi le tre del pomeriggio, una volta finito di addentare un panino con l'hamburger, scendo a valle per avvicinarmi il più possibile ad Arezzo. Giunto ad Allerona scalo, chiedo in un bar informazioni sulla via da percorrere a Manuela, la banconiera, che mi rassicura sulla bontà del percorso indicato e alla mia domanda sul fondo stradale, non voglio sterrato per ovvi motivi, mi giura che si tratta di asfalto. Ma invece, dopo cinque chilometri di asfalto, si trasforma in sterrato da pista rally, sale in verticale e su una buca picchio la ruota davanti che si fora. La maledico mille volte e mentre cambio la camera d'aria, passa un tipo con un fuoristrada che mi consiglia di tornare indietro considerando si tratta di una pista di 20 km molto sconnessa. Torno al bar, ma la maledetta non c'è più. Nervoso come un bufalo e con i percorsi per arrivare a Chiusi troppo impegnativi e senza più una camera d'aria nuova, valuto le sistemazioni sul posto che non ci sono e mio malgrado prendo un treno che mi porta fino a Chiusi scalo. La stazione è piccolina e non c’è biglietteria, nemmeno quella automatica e una volta salito a bordo non trovo nemmeno il controllore e quindi viaggio senza pagare il biglietto. Chiusi scalo è un agglomerato urbano con due pizzerie, tre bar, un negozio di fiori, tre farmacie, una coop, due ottici e un negozio di biciclette. Un taxista mi propone di vedere una sistemazione all'albergo da Rosetta, che mi dà la singola con bagno per 26 euro. La signora che gestisce la pensione è anziana e stanca, cardiopatica e desiderosa di passare la mano, ma i figli hanno preso direzioni diverse e a Chiusi l’economia non poggia sul turismo o sul cicloturismo quindi questi saranno forse gli ultimi mesi di attività. Doccia e cambio, e via velocemente verso il negozio a prendere due camere d'aria nuove ( 10 euro). Chiedo se per caso hanno una ruota per la mia bici, ma l'esimio tecnico si chiude a riccio come se gli avessi chiesto una bici nuova in regalo. Mi consolo con un piatto kebab dal turco e un gelato al bar prima di risalire in stanza. Sono a guardare mappe e percorsi e ne ho individuato uno che passa vicino ad Arezzo, poi gira a Nord-Ovest verso Pontassieve e attraversa gli Appennini finendo a Forlì anzichè a Bologna. Credo sarà quello il mio itinerario. La bici regge anche se stremata, ondeggia e ritmica batte le fascette sull'asfalto. Forza stellina, ce la possiamo farcela!!
Giovedì 11 giugno - In un paese spettacolare
Mentre scende l'acqua sulla testa nella doccia, rimetto a posto le tessere del presente. Penso alla giornata fiacca di ieri, alle difficoltà incontrate. Mentre lavo i denti sale la determinazione ad essere prestante, a recuperare la strada persa cominciando senza indugi. Sono in sella alle 8, mi fermo per cornetto e cappuccino e la banconiera mi mette al corrente che esiste una pista ciclabile ( la Bonifica ) che arriva dritta fino ad Arezzo. Molto utile, mi eviterà di fare mille calcoli di rotta. Imbocco il sentiero con fondo terroso e battuto, ma progressivamente diventa impraticabile a causa del perdurare di una ghiaia troppo grossolana. La bici si scuote, sobbalza, fremo per la ruota danneggiata perchè sono in mezzo alla campagna che ruba spazio alla palude e se mi dovesse accadere qualcosa sarebbe spiacevole. Torno su asfalto, dove preferisco allungare il chilometraggio, tenendo però una velocità morbida. Il sole diventa sfrontato, alle 11 boccheggio, quasi galleggio sui miraggi d'asfalto, ma tengo i 28 all'ora e non ci penso a mollare. A mezzogiorno mi arrendo a una Fanta e un tramezzino, poi ricomincio a macinare chilometri su una statale che camion rombanti e automobilisti nevrotici scambiano per il set di Fast&Furious. All'una e mezza stacco le chiappe dalla sella e dentro il ristorante "La Casina", gusto un piatto di pasta fredda, prima di cambiare i cerottini alla ruota della mia stellina. Arezzo sulla destra invita a un passaggio, ma declino e proseguo verso la Val d'Arno su una serie di salite che portano in direzione Nord-Ovest. La vallata è spettacolare, ma sono in trance, comando spinta e le gambe obbediscono e per non interrompere la prestazione mi fermo il meno possibile. A Figline faccio la sosta da mezz'ora: entro in un giardino che ha tutte le panchine sul sole, così accosto al muro di un centro sociale per anziani e mi siedo a terra togliendo le scarpe. Bevo e mangio biscotti, rifiato e stempero mentre osservo tre vecchi traballanti con le badanti disposti in circolo, persi dentro un mondo di memorie instabili, piegati dagli anni, costretti a sopravvivere per inerzia. Quando mi chiedono se ho paura dei camion Iveco, Volvo o Renault che mi passano sfiorandomi, penso di temere di più l'alzheimer e il parkinson. Mancano 26 km a Pontassieve, sono le 17.30, con una tirata di un'ora e mezzo, dovrei arrivarci. Fisso una stanza al telefono e continuo a pedalare. Non finiscono mai, 26 km con il serbatoio in riserva, la mente che traballa, la pazienza esaurita. Arrivo alla stanza sfinito, con un pensiero di doccia che orbita nella testa. Finalmente la scia di grasso e polvere cola nello scarico schiumando, mi esamino il viso allo specchio e lo sguardo evidenzia quanto ho dato. Al ristorante "Il Girarrosto" mangio una pappardella fatta in casa con il sugo di cinghiale, pietanza antibiotica, molecolare, ristrutturante che con caffè e bibita si riassume in 14 euro di scontrino. Nel locale, al tavolo vicino al mio si sono seduti 4 triestini con i quali ci siamo cordialmente salutati. Ho chiesto informazioni al ristoratore sulla SS67 per Forlì di domani e i commenti sono stati positivi fino a quando mi ha chiesto se viaggio in moto o in macchina e alla risposta "Viaggio in bici..." ha strabuzzato gli occhi e detto che allora è uno spettacolo. Sono 84 km e 35 di salita viva, stordente. Proprio uno spettacolo. Sono nel paese di residenza di Matteo Renzi, ma non ci sono problemi, stasera non c'è, è a fare il "Presidente" in giro per l'Italia.Bicitalia è un viaggio in bici avventuroso e in solitaria: dal sud Italia al nord della nostra bella penisola in bici. La terza puntata dell'avventura di Ale si è svolta da Caprarico a Terracina, l'hai già letta?
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Alessandro67
Sono Alessandro Vitale e abito a Trieste . Coltivo la passione dei viaggi con la bicicletta perché mi hanno dato un serie di soddisfazioni sempre più complete, mi fanno vivere la natura poliedrica del pianeta a una velocità visivamente sostenibile.
Sono fidanzato da quasi cinque anni con una Cube Trekking e non abbiamo mai litigato, siamo in perfetta sintonia. Pensiamo di non mettere al modo figli, perché siamo profondamente egoisti e comunque lei non potrebbe averne.
Il viaggio più bello? Quello che devo ancora fare .
Il posto più lontano che ho raggiunto è stato il Marocco, toccata e fuga.
Il più bello, le gole di Vintgar in Slovenia.
Il più caro la Svizzera.
Il più economico la Sicilia.
Il prossimo? Forse il raduno Harley a Velden...vedremo.
Ho un' altra donna oltre la Cube e ogni tanto mi vorrebbe con se...non pedala...che dolore...
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Ultimi commenti
Oggi con una ebike si possono fare dei percorsi impegnativi fisicamente (per una bici senza motore) ma per quanto riguarda la tecnica non tutti possono fare dei giri tecnicamente difficili.
Io, con i miei 67 anni, cerco giri fino a 1500 m di dislivello, ma non troppo difficili tecnicamente per potermi gustare pienamente i paesaggi e i posti, senza dover rischiare su single trail esposti.
Grazie Enrico