Le eteree dita rosate dell’alba imperlano la tenda di gocce di sole.
Siamo già svegli ed eccitati, oggi è un giorno speciale: per la prima volta vedremo con i nostri occhi il volto adombrato di fascino e mistero dell’Albania. Fantastichiamo su questo incontro ormai da mesi, pieni d’aspettative, emozione e turbamento. Ad Alessandro rievoca il sapore agrodolce delle scorribande dell’adolescenza nei sobborghi di Prato con gli amici albanesi; a me suscita il desiderio di ritrovare e raccogliere un po’ di quel “sangue nostro sparso” – così si definiscono le comunità arbëreshë d’Italia – di cui condivido qualche goccia anch’io.
GIRO DEL MONDO IN LIBERTANDEM – Un viaggio in bici all’insegna dell’ecologia, un’avventura alla scoperta del mondo, un inno alla vita, alla salute e alla libertà. Loro sono Ale e Ste, nomadi a due ruote. Il loro viaggio in pillole su
GODIMUNDI
E l’Albania ci piomba subito addosso con tutto il suo animato mescolio di cose e genti.
Qualche numero
L’Albania in cifre
- Giorni in Albania
- 6
- Chilometri percorsi
- 294
- Notti campeggio libero
- 4 su 6
- Spesa media giornaliera
- 3,9 € a testa
- Pasti in trattoria
- 5
- Costo medio di un pasto
- 2,7 € a testa
Albania, in bici in autostrada
Venendo dal quieto Montenegro, di cui si intuiscono fin dal nome gli aspri monti selvaggi e le cupe foreste silenti, entrare nella
frastornante Albania in bici è uno
shock multisensoriale. Shkodra, la prima città dove approdiamo dopo il confine, è tutta una fiera caotica di colori, saluti e contrattazioni: le strade sono invase d’un traffico frenetico e rumoroso, d’un vivace guazzabuglio di merci in vendita e di eterogenee fiumane di persone a passeggio; improbabili carretti trainati da uomini dalle facce brunite o da cavalli dal passo pigro zigzagano tra i minibus in coda straripanti di passeggeri; garrule donne adorne di spesse trecce nere, lunghe vesti variopinte e stuoli di bambini scalpitanti ci tirano le maniche chiedendo l’elemosina; perfino sui marciapiedi è un continuo scavalcare tavolini, merci esposte a terra e venditori ambulanti carichi di cibarie, calzini o biglietti della lotteria.
Da Shkodra sembra che l’unica via per raggiungere Tirana sia l’autostrada che corre lungo la stretta pianura costiera. Raggiunta l’entrata alle quattro corsie, rimaniamo perplessi di fronte al cartello d’ingresso che indica il divieto d’accesso per pedoni, biciclette, carretti e cavalli, finché qualcuno ci ricorda: “Siete in Albania!” e scrollatici di dosso il ritmo pacifico dei paesaggi montenegrini, ci gettiamo a capofitto nel delirio generale.
In autostrada c’è in effetti di tutto, ma l’andatura è piuttosto moderata e i guidatori rispettosi; anche le macchine della polizia ci sorpassano sornione con le luci lampeggianti che sembrano occhiolini d’intesa. Tra carretti, cavalli, pedoni e biciclette in contromano incontriamo perfino degli uomini della manutenzione autostrade che potano la siepe spartitraffico con un falcetto a mano.
Tirana e la via verso sud
Grazie a
Oruxmap evitiamo però gli ultimi kilometri di autostrada (che avvicinandosi a Tirana si fa sempre più stretta, trafficata e pericolosa), ed entriamo nella capitale dalla porta di servizio: una
fitta rete di polverose mulattiere di campagna che attraversano gli accampamenti di periferia, dove capre e mucche pascolano tranquille tra bambini vocianti che ci inseguono sulle loro bmx scassate, vecchi nocchiuti seduti davanti all’uscio a giocare a carte e gruppi di ragazzi in uniforme che tornano da scuola.
Sorpassiamo il centro intasato dal traffico pomeridiano a tempo di record, diretti dal couchsurfer che ci ospita fuori città, un texano che lavora all’ambasciata americana. Ripartiti da Tirana, inizia il vero viaggio nel montuoso entroterra albanese. Ci sono subito da scavalcare le colline che ci conducono a Elbasan, da cui imbocchiamo la tortuosa statale deserta tracciata lungo il corso dello Shkumbini, un fiume dall’andamento torrentizio che sembra danzare sulle creste dei monti piuttosto che aggirarle, e segna tradizionalmente il confine tra il nord e il sud del paese, caratterizzati da dialetti e costumi diversi. Oltrepassato l’animato centro di Librazhd, lasciamo poi la valle dello Shkumbini per raggiungere le sponde del lago Ohrid, che costeggiamo da nord a sud fino alla placida cittadina di Pogradec, da cui si raggiunge il confine con la Macedonia.
Il territorio è decisamente collinare, corrugato da continui saliscendi che si susseguono senza fine. Il più duro è proprio quello che si arrampica a 1000 metri per poi ridiscendere fino al meraviglioso lago di Ohrid (a circa 700 m s.l.m.), regalando un panorama mozzafiato sulle serafiche acque dalle tinte cangianti di uno dei bacini naturali più antichi del pianeta. Le strade sono d’altronde tutte tranquille e in buone condizioni, allietate dai belati intermittenti di greggi di caprette e dai dirompenti zampilli a profusione di quella che pare essere l’attività più diffusa del paese: l’autolavaggio.
La gioia del popolo albanese
Al di là dei suoi paesaggi, questa terra straordinaria è rimasta impressa nella nostra memoria e ha colpito la nostra immaginazione soprattutto per l’incontro al contempo autentico e sorprendente che riserva con la cultura del suo popolo.
Ciò che ci ha lasciato a bocca aperta in primo luogo è l’atmosfera accesa e gioiosa che si respira ovunque nel paese. È la stessa impressione profonda e travolgente che traspare dalla musica balcanica, un senso di festa e baccano derivanti dall’impatto e lo scambio tra correnti diverse, che si investono e si fondono in un unico vibrante crogiuolo di ritmi e stili, in una strampalata carovana di voci e colori, in un’allegra frenesia di percussioni e danze, in un fremito raggiante che forse è proprio dei Balcani ma che a noi è capitato di vedere solo qui (senza peraltro mai imbatterci in una festa). Esiste nel concitato ansito delle città come nel quieto sospiro della campagna. Anche nelle più remote aree rurali, i covoni ordinati in grossi cumuli a essiccare nei campi bruciati, i festosi carretti dei contadini, le maioliche luccicanti delle moschee e le chiassose carovane dei gipsy parlano di un ritmo di vita che appartiene a un nostro recente passato ma a cui non possiamo far altro che guardare con nostalgia, sempre scandito dall’apertura mentale, dalla tolleranza, dall’invito a celebrare e festeggiare l’incontro con il diverso.
L'italianità dell'Albania
Inoltre, al contrario di quello che si potrebbe pensare per la triste nomea di cui godono gli albanesi in Italia, non ci siamo mai sentiti in pericolo. Anzi, siamo rimasti sbalorditi che così tante persone – dai ragazzi in jeans che passeggiano in città al fruttivendolo ambulante per la strada, all’intraprendente locandiera di un villaggio in mezzo ai monti – parlino perfettamente in italiano. Ci immedesimiamo per un attimo in quel paradossale ed ebete senso di straniamento che devono provare i viaggiatori madrelingua inglese quando, rendendoci conto di non sapere nulla della cultura che ci ospita, ci accorgiamo che invece tutti in Albania mostrano una sincera curiosità e addirittura passione per la cultura italiana, hanno imparato la nostra lingua dalla televisione e dalla radio e hanno qualche parente o amico o conoscente che ha attraversato l’Adriatico e si è trasferito nel bel paese.
Infine, un buon motivo per viaggiare in Albania a prescindere dalla sua bellezza è il prezzo del cibo. Quando inizialmente scopriamo che è impossibile trovare dell’alcool per usare la nostra spiritiera rimaniamo un po’ scoraggiati al pensiero di non poter cucinare, ma la delusione si trasforma immediatamente in giubilo non appena pagato il primo conto di un pranzo fuori. È facilissimo infatti trovare delle locande dove mangiare zuppe, polpette e l’immancabile riso e fagioli per pochi euro.
Dell’incanto del
lago di Ohrid in bici, autentica perla dell’Albania, vi parlo nella puntata dedicata anche alla Macedonia!
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