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Gorizia-Parigi in bici! Ma perché?!
Sai una di quelle cose che sul momento dici: “si si, dai dai, è una figata!” E poi ti viene spontaneo un: “Ma chi caxxo me l’ha fatto fare?”. Ecco, non proprio così ma quasi. Eravamo intenti ognuno nelle proprie cose e a inseguire i propri pensieri quando Susanna, con un tempismo e una naturalezza che ora definirei diabolici, mi chiede quasi con ingenuità: “Sei mai stato a Parigi?”.
Dati tecnici
Gorizia-Parigi in bici
Partenza/Arrivo | Dorfgastein (AT)/Parigi (FR) |
Tempo | 18 giorni |
Dislivello |
8100 m circa
|
Lunghezza | 1300 km circa |
Tipologia di strada |
Asfalto 80%
Sterrato 20%
|
Bici consigliata |
Gravel
MTB
Adventure Bike
|
Difficoltà | |
Panorama |
In questo articolo
Dove e come nasce il nostro viaggio in bici Gorizia-Parigi?
Le mie antennine allarmate si drizzano immediatamente come anche il pelo sulla schiena: “No di certo, lo sai che non mi piacciono le città, l’affollamento, il traffico. Non ci sono mai stato e non ci andrò mai!”, rispondo quasi risentito. Dopo due secondi di silenzio, troppo pochi per non essere stati premeditati, Susanna getta l’esca: “E se ci andassimo in bici?”.
Impossibile non abboccare e, oramai caduto nel tranello, un po’ sbalordito ed estraniato da me stesso, mi sento rispondere: “Ah beh…allora cambia tutto!”. E mi rimane la subdola e indefinita sensazione che qualcosa non sia andato per il verso giusto!
Cerco di scacciare dalla mente la meta, che si sa è soltanto un punto da cui ritornare a casa, un giro di boa. Mi concentro su tutto quello che sta nel mezzo. Chino su carte, navigatori e programmi vari alla fine mi esce una traccia gpx che mi affascina ed attira.
Italia, Austria, Svizzera, Germania e Francia lungo piste ciclabili note e meno note, stradine solitarie e sponde di fiumi e canali. Ma ancora mi sforzo di convincermi che Parigi è soltanto il punto da cui torneremo a casa. Facciamo un po’ di conti e scopriamo che le ferie di Susanna non ci permettono di coprire tutti i chilometri previsti. Dopo averci pensato un po’ su, decidiamo di tralasciare la parte italiana ed un pezzo di quella austriaca rinunciando a pedalare sulla Ciclovia Alpe Adria, già percorsa altre volte.
In Carinzia sulla ciclovia dei Tauri
Quindi carichiamo le bici sul treno e dopo un paio di cambi ed una soppressione di un treno a Villach, sbarchiamo in perfetto ritardo a Dorfgastein in Austria, da dove iniziamo subito il nostro viaggio verso ovest.
Pochi chilometri di Ciclovia Alpe Adria e ci innestiamo sulla Tauernradweg, la Ciclovia dei Tauri, che seguendo il corso dei fiumi Salzach, Saalach e Inn parte da Krimml e passando per Salisburgo termina a Passau dove l’Inn si getta nel Danubio. Tratti di queste ciclabili fanno parte delle Eurovelo 14 e dell'Eurovelo 7. Noi invece la seguiamo al contrario risalendo la valle del Salzach. L’intera vallata è molto rinomata per le attività invernali che si svolgono ai piedi del Grossglckner, la cima più alta dell’Austria; in primavera/estate sono innumerevoli le escursioni che si possono fare sia a piedi che in MTB.
Il contrasto del verde e rassicurante fondovalle con le candide cime innevate che superano abbondantemente i 3000 metri di altezza ci accompagnerà lungo tutto il tratto austriaco. Ci accorgiamo subito che qualcosa è cambiato. Non troviamo più quella moltitudine di cartelli con la scritta “Zimmer” e trovare da dormire per una notte non è così semplice e scontato. Il risultato è che i chilometri aumentano e le gambe si stancano.
Percorriamo tutta la pacifica valle del Salzach circondati da ameni panorami alpestri e incrociamo il torrente Krimml. La ciclabile termina e mentre risaliamo la strada turistica del Gerlospass, ammiriamo tutta la serie di famose cascate che il Krimml scarica verso valle, bianche e spumeggianti. Man mano che guadagniamo quota i panorami diventano stupendi e si aprono su tutta la vallata percorsa nei giorni precedenti. La strada turistica però è molto fastidiosa e pericolosa dato che frotte di motociclisti la usano come pista e nessuno controlla.
Il Tirolo sulla ciclovia dell'Inn
Il passo segna il confine tra Carinzia e Tirolo, il paesaggio cambia notevolmente e anche il traffico si dirada molto lasciandoci planare su Zell Am Ziller. All’uscita della cittadina troviamo una ciclabile che prima lungo una ferrovia e poi lungo il fiume Ziller ci accompagna attraverso la bellissima omonima vallata fino alla confluenza con il fiume Inn dove troviamo la famosa Innradweg, la ciclabile dell'Inn, che, da Saint Moritz, passando per Innsbruck, termina anch’essa a Passau.
La ciclovia è molto frequentata e spessissimo è disturbata dalle statali e dall’autostrada. Anche il fiume è grigio, opaco e poco attraente, magari sarà perché nelle precedenti settimane è piovuto abbondantemente dappertutto. Innsbruck è un caos di traffico ed e-bike isteriche che sfrecciano a 30 km/h suonando acuti campanelli per chiedere strada sulle strette ciclabili cittadine.
Dopo Innsbruck il tracciato si discosta un po’ dalle strade e si fa più piacevole e remunerativo. La pioggia prevista arriva assieme ad un abbassamento delle temperature, ci aspettano due giornate piuttosto umide. A Landeck, bella cittadina dove l’Inn curva decisamente verso sud e la Svizzera, abbandoniamo la Innradweg e seguiamo in salita il corso del fiume Sanna e più avanti il corso del Rosanna.
Prove d'inverno sull'Arlbergpass
Nei primi chilometri troviamo un pericoloso traffico di camion poi, dopo uno svincolo, le strade diventano solitarie e tranquille e ci dirigiamo verso l’Arlbergpass. Qui e là spuntano delle torri di qualche castello o dimora medievale. A Flirsch una recente ciclabile ben segnalata ci consente di pedalare in sicurezza evitando la statale guidandoci attraverso pascoli verdi e ben curati. Più volte incrociamo e condividiamo il Cammino di Jakob, diretto a Santiago de Compostela e contraddistinto dal famoso simbolo della conchiglia stilizzata.
Arrivati a Sankt Anton Am Arlberg un tizio, vedendoci con le bici e i bagagli, molto cortesemente, ci ferma e cerca di dirci qualcosa, ma il nostro tedesco/inglese ci permette di capire forse la metà e male. Crediamo di capire che per il passo “è meglio” prendere una navetta portabici o il treno. Meglio!? Perché? Mah! Ringraziamo per l’informazione, ma nel dubbio dell’incomprensione proseguiamo su una salita micidiale fino a sbattere il naso contro il cartello di divieto per le bici. Ecco cosa voleva dire il tizio: l’Arlbergpass da questo versante è vietato alle bici. Non sappiamo se è un divieto stagionale o permanente, di certo è recente.
Dietro front e torniamo alla ricerca di questa navetta che ci porta al passo facendoci superare gli ultimi 7 km. dei quali sicuramente uno al 10%: forse non ci è andata così male! Scendiamo dal furgone in un clima surreale. Nuvole basse, nebbia e umidità pesante come se piovesse. Freddo intenso, neve ai bordi della strada e l’autista del furgone che ci saluta con un “Buona fortuna!”. Ma dove siamo capitati? D’accordo che siamo a 1800 metri, però….
Nella nebbia sentiamo il rombo dei motori e intuiamo un traffico di moltissimi camion. Ci vestiamo con tutto quello che abbiamo a portata di mano e iniziamo la discesa abbandonando il Tirolo verso il Vorarlberg. La strada è bagnata e il traffico solleva nuvole di acqua ghiacciata che ci inzuppano immediatamente. I camion ci sfiorano costringendoci pericolosamente a stare sul ciglio della scarpata. Non capisco perché dall’altro versante c’è il divieto per i ciclisti mentre da questo lato, che reputiamo più pericoloso, non hanno vietato nulla. Chissà, magari con il bel tempo, il sole e con un panorama splendido tutto sarebbe sembrato meno ostile.
Dopo un bivio il traffico diminuisce e al successivo paesino dobbiamo fermarci per riscaldarci a un provvidenziale distributore automatico di bevande calde, dato che non c’è nessun altro ristoro aperto. Finalmente la bella Bludenz ci ospita e riscalda dopo questa lunga discesa quasi invernale.
La Ciclabile del Reno e il lago di Costanza
Sotto ad un ritrovato sole, circondato da una residua nuvolaglia che svanirà nel corso della giornata, ritroviamo buonumore e fiducia e proseguiamo per qualche chilometro lungo il fiume Ill.
Attraversiamo delle zone con dei bei laghetti e ci immettiamo sulla Ciclabile del Reno che qui fa da confine tra Austria e Svizzera. La valle è bella e ampia, una distesa di pascoli e praterie. La ciclabile invece è un rettilineo lunghissimo ed un leggero venticello ci soffia contro. Diversi ciclisti ma pochi cicloturisti/viaggiatori. Soltanto verso lo sbocco nel Bodensee il percorso si fa più sinuoso, articolato e più interessante.
Il Bodensee (Lago di Costanza) sembra un mare. A malapena si vedono le sponde germaniche. Lungo la sponda meridionale del lago attraversiamo cittadine turistiche e pittoreschi paesini con le tipiche case a graticcio. Costanza, sul lato tedesco dell’omonimo lago, merita assolutamente una visita. Stupisce la quantità di biciclette che circolano e le ottime piste ciclabili che attraversano la città. Alcune sono vere e proprie strade ciclabili dove di regola le macchine si fermano per dare la precedenza ai ciclisti. Anche qui però la velocità dei ciclisti sembra imperare e tutti sfrecciano a velocità pazzesche.
Ci accorgiamo che in Svizzera e nei pressi del confine i nostri contratti telefonici non comprendono il traffico dati e sperperiamo diversi euro utilizzando googlemaps. Komoot, con il quale in passato ho sempre bisticciato, questa volta ci viene egregiamente in soccorso. Avevo caricato precedentemente il percorso e facilmente riusciamo a seguirlo anche in mancanza della connessione dati.
Valichiamo spesso il labile confine tra Svizzera e Germania e Stein Am Rhein, di cui non avevamo mai sentito parlare prima, ci sorprende con il suo centro storico pedonale ottimamente ristrutturato nel suo stile rinascimentale.
Ormai ci siamo lasciati il Bodensee alle spalle e percorriamo la Rheinradweg, la ciclabile del Reno per lo più sulla sponda destra dove troviamo indicazioni delle Eurovelo 6 e 15 assieme a molte altre indicazioni di piste ciclabili a carattere locale. Attraversiamo molti borghi che un tempo erano una cittadina unica e ora sono divisi dal corso del Reno e addirittura appartenenti a stati diversi.
Alcuni hanno cambiato nome, altri hanno semplicemente aggiunto (Baden) alla fine, a significare che si trovano in territorio tedesco. Dopo Sciaffusa “interpretiamo” male le segnalazioni di un percorso pedonale e senza averlo previsto ci ritroviamo ad ammirare lo spettacolo delle Cascate del Reno, tra spumeggianti spruzzi che creano timidi arcobaleni.
Più avanti il contrasto con le enormi ciminiere della centrale nucleare di Leibstadt, che dal versante svizzero si rispecchiano sul Reno, è a dir poco stridente. Si alternano splendidi tratti immersi nel verde dei campi a piacevoli tratti lungo il fiume e ad alcuni su ciclabili parallele a strade. Sempre per la ciclo-pedonale del Reno entriamo facilmente a Basilea. Il centro storico è molto bello e le atmosfere sono piacevolmente rilassanti. Musica jazz e spettacoli di bolle di sapone riempiono e animano l’ampia piazza della Cattedrale.
Tra le colline della Francia rurale
Abbandoniamo la certezza della ciclabile del Reno e ci dirigiamo verso Schönenbuch dove lasciamo definitivamente la Svizzera e ci addentriamo tra le colline della verdissima Francia. I panorami si allargano a perdita d’occhio e le distanze diventano a prima vista incalcolabili.
I paesini che attraversiamo sono piccoli e deserti ma soprattutto le famose Gîtes de France e le Chambres d’Hotes, su cui contavamo molto, sono inesistenti o molto rare. Quelle pochissime che troviamo sul percorso dicono che non hanno posto. Così ci troviamo più volte a chiedere informazioni e a fare deviazioni di chilometri per trovare da dormire e da mangiare. Alla fine, di volta in volta, dobbiamo riprogrammare il percorso in base a dove troviamo da dormire tramite googlemaps oppure booking, rinunciando a seguire la traccia programmata.
Inoltre ci troviamo in difficoltà con i rifornimenti d’acqua. Mentre in Austria, Svizzera e Germania si trovavano fontanelle dappertutto, qui in Francia non ce n'è nemmeno l’ombra. Anzi, nelle piazze si trovano illusorie vecchie pompe e fontanelle secche usate solo a scopo decorativo. Spesso nemmeno nei cimiteri ci sono fontanelle di acqua potabile o non ce ne sono proprio.
Nei pressi di Gommersdorf (in questa zona della Francia usano una toponomastica germanica) incontriamo due runners e in uno stentato francese chiedo dove possiamo trovare dell’acqua. Visto che il francese non basta, il runner a gesti si fa capire benissimo e ci invita a casa sua. Lo precediamo e sbagliamo strada ma lui con un allungo ci rincorre gridando e sbracciandosi finché ci raggiunge e ci accompagna. Dolcetti, acqua fresca e ottimo succo di mela ci ristorano, mentre a gesti e mezze parole intavoliamo una piacevole chiacchierata incentrata sul da dove veniamo, dove andiamo e che strade faremo.
Ci chiede perché andiamo proprio a Parigi… “per prendere il treno e tornare a casa”, rispondo di slancio. In effetti l’intenzione è quella di smontare le bici e caricarle sul Frecciarossa Parigi-Milano.
In un altro paesino, davanti all’ennesima fontana secca, un operaio comunale ci vede in difficoltà e senza esitazione e con un sorriso ci offre l’acqua fresca della sua borraccia. Mai ci siamo sentiti accolti come in quest’angolo di Francia rurale, verace e sincera. Ancora scaccio dai miei pensieri Parigi, la nostra meta.
M’immergo anima e corpo in questi oceani verdissimi che ci circondano e attirano, pedalata dopo pedalata. Attraversiamo Belfort sorvegliati dall’alto dal suo gigantesco Leone scolpito dal 1872 al 1879 da Auguste Bartholdi, lo stesso che qualche anno dopo scolpirà la Statua della Libertà collaborando con Gustave Eiffel, la cui famosa torre ci sta aspettando a Parigi.
A Ronchamp affrontiamo la ripida salita che in un paio di chilometri ci porta davanti alla famosissima cappella progettata dall’architetto Le Corbusier. Rimaniamo alquanto delusi. Tutto è recintato ed inaccessibile. Anche la vegetazione è stata piantata per impedire la vista, anche da lontano, di questo capolavoro dell’architettura. Proseguiamo alla scoperta di questa Francia turisticamente un po’ trascurata, adattandoci di volta in volta a strade e percorsi che ci portano ad avere maggior possibilità di trovare da dormire. Incrociamo il corso della Saona e percorriamo le sponde della Marna.
Attraversiamo a bocca aperta infinite colline ondulate e verdissime, oppure distese ingiallite dal granturco quasi maturo al margine di fitte e intricate foreste demaniali. Chilometri e chilometri senza anima viva e nei pochi paesini l’atmosfera è di tranquilla solitudine. Pedaliamo attorniati da un’aura di pace e serenità. Un lungo canale ci porta a incontrare la Senna poco prima di Troyes. La città è uno sfoggio di case a graticcio ottimamente conservate e localini turistici, ma tutto convive in una soffusa armonia.
Lungo la Senna e oltre fino a Parigi
Nei primi chilometri lungo la Senna siamo entusiasti ma poi il percorso diventa banale e spesso la ciclabile scompare e si trasforma in sottile traccia tra alte erbacce. Decidiamo di abbandonare per un po’ la Senna per rituffarci nelle verdi colline a sud di Nangis e poi ci dirigiamo verso Fontainebleau. Ci aspettavamo una cittadina più piccola e meno trafficata ma soprattutto un parco ed un castello meno imponenti. Tutto è ampio e verde. Lunghissimi viali alberati attraversano la tenuta per sbucare davanti all’entrata del castello vero e proprio e ai suoi giardini interni perfettamente curati. Una meraviglia.
Appena fuori dalla cittadina ci immergiamo nell’immensa e intricata foresta di Fontainebleau. Senza traccia gps ci saremmo persi irrimediabilmente. Fitti boschi di latifoglie si alternano a foreste di altissime felci sovrastate da erratici massi muschiosi. Le strade larghe si trasformano in faticosi ma divertenti single track sabbiosi. In un paio d’ore scorgiamo da lontano soltanto qualche camminatore e il silenzio assoluto è rotto soltanto da uno schianto di un vecchio tronco.
Attraversiamo una statale e ci troviamo circondati da giganteschi massi granitici. Il luogo è uno dei tanti dedicato al bouldering, l’arrampicata sui sassi tanto in voga negli anni 80-90. Ancora ci sono dei climber che, con i loro camper stile figli dei fiori parcheggiati nei pressi, si spellano le dita bianche di magnesite, provando passaggi impossibili. Un bel tuffo nostalgico nel mio passato di alpinista.
Una ripida salita ed un lungo girovagare ci fa uscire dall’interminabile foresta di Fontainebleau e ci consente di re-incontrare la Senna. Seguiamo il fiume, ora su una sponda e ora sull’altra in un alternarsi di pista ciclabile e traccia nell’erba incolta, fino ad attraversare il bel parco del Port Aux Cerises. Poco dopo attraversiamo la Senna sul Barrage d'Ablon e proseguiamo fino ad arrivare alla periferia di Parigi.
Inutile dire che qui il percorso perde completamente il suo fascino, almeno per me.Come appena risvegliato da un lungo e idilliaco sogno mi ritrovo nella cruda realtà della periferia parigina. Attraversiamo interminabili sobborghi trascurati e sporchi anche se sempre su ciclabile sicura. In breve tempo ci siamo lasciati alle spalle tutta la serena tranquillità che ci ha accompagnato fin qui e siamo stati rapiti e risucchiati dalla frenesia della città.
Traffico, rumori, sirene che suonano in continuazione, pedoni incuranti che tagliano la strada, macchine che non rispettano le precedenze, biciclette che sfrecciano a velocità assurde. In questo caos nevrotico attraversiamo lungamente e a fatica Parigi. Ad un tratto, non so precisamente come, ci ritroviamo increduli in mezzo al polveroso Champ de Mars ai piedi della Tour Eiffel. Una sorprendente isola di pace, quasi un occhio di un ciclone. Ammiro per un attimo la famosa torre di ferro, abbasso gli occhi sulle mie scarpe impolverate: “Ok”, mi dico, “Parigi è soltanto il luogo da cui si torna a casa”.
Ottimo cibo e super accoglienza
La maggior parte del tracciato ci ha stupiti e fatti rimanere a bocca aperta davanti a scorci di rara bellezza. Una serenità bucolica ha sempre fatto da sfondo al nostro pedalare maggiormente amplificata nel Grand Est della Francia. Dappertutto abbiamo sempre trovato persone amichevoli e disponibili. Soltanto l’ultimo giorno in albergo si è fatta notare la proverbiale reticenza parigina. Dappertutto abbiamo mangiato e bevuto benissimo anche se qualche azzardato accostamento di gusti non era proprio azzeccato, tipo crauti ai frutti di mare!!!
A dispetto della meta e del racconto che può dare l’impressione contraria, ci siamo divertiti molto e siamo stati entusiasti dei luoghi visti, del percorso fatto e delle persone incontrate.
Tre percorsi in uno
Il percorso lo si può dividere idealmente in tre parti che banalmente coincidono con le suddivisioni geo-politiche. La parte austriaca si snoda tra vallate alpine, montagne innevate e fiumi tumultuosi; il tratto svizzero-tedesco è un susseguirsi di colline che seguono la sponda inferiore del lago di Costanza e il corso del fiume Reno; la parte francese cambia ancora aspetto e offre interminabili, verdissime e solitarie ondulazioni, foreste intricate e zone lacustri solcate da stradine deserte fino alle porte di Parigi.
Anche se Parigi ha una fittissima rete di ciclabili cittadine, Austria, Svizzera e Germania sembrano più organizzate e a misura di cicloturista ma la Francia del Grand Est regala un senso di ampia libertà ineguagliabile. Dappertutto le ciclabili sono supportate da un’ottima e completa segnaletica. Credo che oramai sia opportuno prenotare i pernottamenti e contattare precedentemente le strutture o meglio ancora portarsi una tendina ed essere indipendenti e non fare come noi, viziati da materassi, docce calde e abbondanti colazioni a buffet.
Come organizzare il rientro
Tutto il percorso è perfettamente pedalabile tranne una brevissima salita (evitabile) in entrata a Chaumont. Anche gli sterrati sono tutti scorrevoli e mai sconnessi. Per il rientro è meglio prenotare i biglietti del Frecciarossa con largo anticipo, in alternativa ci sono gli INOUI, le corrispondenti frecce francesi, che però sono molto più costose e con il disagio di arrivare a Milano Porta Garibaldi anziché a Milano Centrale.
Per trasportare le bici sulle frecce, sia italiane che francesi, si deve smontarle e riporle in una sacca. Il tutto non rende più agevole il rientro: ci si ritrova con la sacca con la bici su una spalla e le due borse da viaggio sull’altra, per un totale di quasi 30 ingombranti chili, a camminare faticosamente per stazioni affollate in cerca del binario giusto e i treni non sono adeguati per i bagagli così ingombranti.
I nostri alloggi e ristori
- Stuhlfelden: Hotel Dorfgasthof Schlösslstube
- Zell Am Ziller: Ferienwohnung Fam. Gaisler, Gerlosstrasse 38; Ristorante Quattro
- Inzing: Gasthof Zum Stollhofer
- Landeck: Gasthof Greif
- Bludenz: Hotel der Loewen
- Horn: Hotel Schiff
- Gailigen Am Rhein: Hotel Goldrhein; Zum Eichelklauber
- Laufer: Hotel Alte Poste
- Wittersdorf: Hotel restaurant Kuents-Bix
- Belfort: Hotel Restaurant Saint Christophe
- Luxeuil Les Bains: Hotel Le Lion Vert
- Vitrey Sur Mance: Domaine de la Mance
- Chaumont: Hotel Le Royal; Brasserie de l’Affiche
- Mesnil Saint Pere: Alba Hotel Lac d’Orient
- Romilly Sur Seine: Logis Hotel du Marais
- Frevent: Domeine de Frevent
- Ormoy: Premiere Classe Hotel; La Table d’Ormoy
- Paris: Hotel Campanile
I nostri alloggi e ristori
- Stuhlfelden: Hotel Dorfgasthof Schlösslstube
- Zell Am Ziller: Ferienwohnung Fam. Gaisler, Gerlosstrasse 38; Ristorante Quattro
- Inzing: Gasthof Zum Stollhofer
- Landeck: Gasthof Greif
- Bludenz: Hotel der Loewen
- Horn: Hotel Schiff
- Gailigen Am Rhein: Hotel Goldrhein; Zum Eichelklauber
- Laufer: Hotel Alte Poste
- Wittersdorf: Hotel restaurant Kuents-Bix
- Belfort: Hotel Restaurant Saint Christophe
- Luxeuil Les Bains: Hotel Le Lion Vert
- Vitrey Sur Mance: Domaine de la Mance
- Chaumont: Hotel Le Royal; Brasserie de l’Affiche
- Mesnil Saint Pere: Alba Hotel Lac d’Orient
- Romilly Sur Seine: Logis Hotel du Marais
- Frevent: Domeine de Frevent
- Ormoy: Premiere Classe Hotel; La Table d’Ormoy
- Paris: Hotel Campanile
- Trenitalia
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Sangioss
Ormai 60enne, acciaccato, ex alpinista, escursionista, cicloamatore da strada e da montagna, cicloturista e cicloviaggiatore. Assieme alla mia compagna Susanna, lavoro permettendo, passiamo parecchio tempo sui pedali e altrettanto a progettare escursioni e viaggi, a volte su percorsi classici e assai noti e altre volte improvvisando itinerari su strade secondarie poco conosciute. Spesso mi chiedo perchè lo faccio...e spesso mi rispondo semplicemente: perchè no!?
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