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Viaggio in bici con Graziella | Il nome
Decido di dare un nome al mio fantastico mezzo, ci penso sotto la doccia. Si chiamerà G.O.T.: Graziella Operativa Tattica. Scrivo a Virginia e David, mi suggeriscono di chiamarla Graziella Operativa ALTAMENTE Tattica, per creare l’acronimo GOAT (in inglese Capra). Ci ragiono, penso un po’, mi sembra ovvio che la si ritenga “Altamente” tattica, non c’è bisogno di sottolinearlo ulteriormente, è sotto gli occhi di tutti, chi non se ne accorge fin dal primo sguardo? Penso e ripenso.. ho deciso, la “A” starà per “Alternativa”. Certo, anche “Alternativa” è ovvio, però un nome lo dovrò pur scegliere...
Perchè questo nome
Graziella perché è una Graziella. Operativa perché è operativa. Alternativa perché è alternativa. Tattica... palese: è tattica. Potrei anche darle un nome di persona oppure un nome mitologico. Non è un granché chiamarla con un acronimo, richiama un po’ la mania di trasformare tutto in acronimi, così come si fa nell’informatica.
Vi siete mai chiesti perché all’interno dei software molte volte tutte le parole di una funzione iniziano con una lettera maiuscola? Secondo me è perché i nord americani hanno la mania di trasformare tutto in acronimi. Dicevamo del nome: Goat in inglese vuol dire capra, un animale al quale assomiglia e che la valorizza. Si adatta benissimo, la capra è un animale intelligente che si adatta a tutti i terreni, che sa trovare il cibo nelle zone più impervie, più difficili, che non si ferma davanti alle difficoltà. Mi piace l’idea di una bici che si muove aggrappata agli speroni rocciosi, che si intrufola fra i cespugli di spine...
No, forse è meglio di no, soprattutto se ci sono io seduto sopra.
Goat è proprio il nome adatto. (Fabio in seguito mi farà notare che vuol dire anche Greatest Of All Time, ma io l’ho saputo dopo...). David mi manda il logo che ha studiato per la Goat, è uno scudo giallo con una capra che sembra il simbolo del capricorno. Lo scudo giallo credo di averlo già visto da qualche parte su altri mezzi di trasporto, al momento non ricordo dove... Forse sul cofano di qualche macchina, forse rossa.
Decido di adottare nome e distintivo, mi sembrano adeguati e significativi.
Dove vado?
Ogni viaggiatore coltiva fra i suoi sogni almeno un luogo mitico da raggiungere. Ci sono mete dai nomi affascinanti come Rawalpindi o Bujumbura. Ci sono mete classiche come il Nepal, l’India, Samarcanda e Timbuctù. Mete che dipendono dallo stile del viaggio e cambiano con le mode. Un mito degli autostoppisti è la Patagonia, possibilmente dentro il cassone di un camion, sulle orme di Bruce Chatwin. Anche per i ciclisti la Patagonia è un mito. Un mito dei motociclisti è Capo Nord, lo è anche per ciclisti. Un altro mito dei motociclisti è il coast to coast negli Stati Uniti, un altro grande itinerario americano è la route 66 da nord a sud. Un tempo un mito dei camminatori era il Gran Randonee in Corsica, oggi si sono spostati sui percorsi dei pellegrinaggi. Si parte da quelli classici, Santiago e Roma, ma si vanno scoprendo anche quelli più sconosciuti o se ne tracciano di nuovi, si valorizzano anche quelli di altre tradizioni culturali e religiose come il giro del Kailash, il cammino di Olaf o gli itinerari fra i templi giapponesi.
Anche molti ciclisti si lanciano sugli itinerari dei lunghi pellegrinaggi. L’Italia offre diversi coast-to-coast. Si può seguire l’arco alpino, da Trieste a Ventimiglia, anche se passando dalle Alpi bisogna dire che si prende un po’ alla larga... Si può seguire una linea diritta camminando lungo il corso del Po e piegando dal Piemonte alla Liguria. Oppure si può scegliere un tragitto breve dal Tirreno all’Adriatico, ma anche dall’Adriatico al Tirreno.
Si può fare un altro coast-to-coast stando su un’altra coast, ovvero camminare lungo la coast dello Ionio, magari stando sempre sul bagnasciuga. (Questa non so se l’ha già pensata qualcuno, mi è venuta in mente adesso...). Certo, sono tragitti più brevi degli americani, ma si sa... in America è tutto più grande! Oggi non ci si muove senza una meta precisa, forse un tempo si partiva alla ricerca di qualcosa e si camminava finché lo si trovava. Un luogo per farsi la casa, una fonte d’acqua, una zona di caccia o una terra fertile. Si partiva senza troppe paure, ma forse le paure erano meno perché meno erano le certezze che si lasciavano. Oggi siamo molto più abituati a vivere immersi nelle garanzie, ed è più difficile lasciarle per lanciarsi verso l’ignoto. Non si parte senza sapere dove andare, tutto va pianificato e prestabilito. La meta deve essere chiara e raggiungibile, non ci possono essere dubbi. Si fa un passo in meno piuttosto che uno in più. II viaggiatore deve quindi superare delle paure, paure che dipendono dalle difficoltà del viaggio. Quando ci si affida ad altri con un viaggio è organizzato le preoccupazioni sono meno.
Quindi? Dove vado?
Non esiste ancora un percorso mitico per i goastisti, bisogna che ne cerchi uno. Che ne trovi uno... Temo che tocchi proprio a me questa responsabilità. Un giorno, quando la Goat diventerà una moda e sarà difficile resistere al fascino delle quattro ruote da venti pollici, io non potrò avere iniziato con un itinerario banale, però so bene che cominciare con un itinerario che sia già mitico non è certo facile. Il dubbio mi assale...
L’idea è di partire da casa (Bella scoperta! Che idea originale! Perché gli altri quando si mettono in viaggio da dove partono?). Intendo... partire da casa direttamente con la Goat, senza percorrere un primo tratto in treno o con altri mezzi. Posso raggiungere la Francigena con una ventina di chilometri e arrivarci in buona parte su piste ciclabili per poi seguire l’argine maestro del Po. L’Italia non è in pianura. Quando ci si muove in macchina molti dislivelli non si notano, ma mentre si cammina o si pedala le salite si sentono. Eccome se si sentono! La sola pianura veramente piana e vasta è la pianura padana, nel resto d’Italia si sale e si scende. Quando si va a piedi le salite sono determinati, se la salita a piedi è faticosa, la salita in bici lo è ancor di più. La scelta della bici deve tenerne conto e la Graziella non va molto d’accordo con le salite.
Prima di scegliere un percorso bisogna tenere in considerazione diverse cose. Il periodo dell’anno, perché fuori dalla stagione estiva non si trovano posti per la notte, le montagne, perché se ce ne sono troppe si passa parecchio tempo a spingere la bici. La difficoltà delle strade e la loro pericolosità. L’acqua, il cibo, la strada per tornare a casa. La documentazione, io scelgo di non portare con me carte dettagliate (diciamo che “scelgo” in realtà non ho fatto in tempo a prepararle, ma provo a raccontare una scusa decente).
Mi piace l’idea di lasciarmi andare, anche perché un po’ conosco il percorso, un po’ ho le guide. Non è necessario che la strada sia un’esperienza estremamente deterministica, non è indispensabile avere una carta che indichi ogni sasso e ogni ciuffo d’erba sul sentiero. Qualcosa bisogna anche cercarsela sul posto, bisogna avere qualcosa da scoprire. La strada poi riserva delle sorprese, che talvolta ribaltano la situazione, magari parti con informazioni dettagliatissime, ma se finisci fuori strada di un chilometro la guida non serve più a niente, oppure trovi il sentiero franato e non sai più dove sbattere la testa. Magari invece scopri che tutte le tue preoccupazioni erano eccessive.
In Svezia, nel parco del Sarek, una zona senza sentieri e ben poco frequentata sopra il circolo polare artico, tutti avevamo carta e bussola. Michele si era studiato molto la declinazione magnetica perché essendo vicini al polo la differenza fra nord magnetico e nord geografico è tanta. Prima di partire ha tarato la bussola, siamo poi entrati in una valle lunga e diritta con due file di montagne sui lati e in quella valle abbiamo camminato per tre giorni dritti diritti. Così dritti che neanche un bambino si sarebbe perso. Non tramontava neppure il sole. Una volta in un ostello di Assisi ho visto la foto di una signora che era partita dal bresciano in bici. Una signora non più giovanissima, (non so chi sia, ma speriamo che non mi senta). Era partita con la bici da donna e con le sue cose... nelle borse della spesa!!! Un vero mito! Io sono invidiosissimo di una roba del genere! Da grande voglio partire anch’io con la bici e la roba nelle borse della spesa attaccate al manubrio!!! Queste considerazioni però non vogliono affatto banalizzare la preparazione e lo studio di un percorso che va sempre sviluppato al meglio e che sta alla base della sicurezza di un viaggio.
Puoi rileggere le puntate precedenti del Viaggio in Graziella sulla Via Francigena:
Viaggio in bici con Graziella | L'idea Viaggio in bici con Graziella | Il nome Viaggio in bici con Graziella | I preparativi Viaggio in bici con Graziella | Bagaglio e partenza Viaggio in bici con Graziella | Da Lodi a Fiorenzuola Viaggio in bici con Graziella | Seguendo il Po Viaggio in bici con Graziella | Digressioni sulla Goat Viaggio in bici con Graziella | Nell'ostello di Sivizzano Viaggio in bici con Graziella | Storie di sterrati e discese impervie Viaggio in bici con Graziella | Dalla Cisa a Pontremoli Viaggio in bici con Graziella | Lo zen della camera d'aria Viaggio in bici con Graziella | Pietrasanta in bici dal mare Viaggio in bici con Graziella | Polvere e catena verso Lucca Viaggio in bici con Graziella | L'ultima fatica per il convento Viaggio in bici con Graziella | San Gimignano e Monteriggioni
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Girumin
Apprezzo la tecnologia più recente, ma anche le tecniche tradizionali e credo più nella voglia di fare che nella strumentazione più sofisticata.
Nel corso del tempo ho raccolto molti appunti su equipaggiamento, abbigliamento, abitudini, tecniche ed esperienze varie che ho inserito in un libro scritto per la casa editrice “Terre di mezzo”.
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Ultimi commenti
Oggi con una ebike si possono fare dei percorsi impegnativi fisicamente (per una bici senza motore) ma per quanto riguarda la tecnica non tutti possono fare dei giri tecnicamente difficili.
Io, con i miei 67 anni, cerco giri fino a 1500 m di dislivello, ma non troppo difficili tecnicamente per potermi gustare pienamente i paesaggi e i posti, senza dover rischiare su single trail esposti.
Grazie Enrico