Mi fermo sulla riva per mangiare un panino; si ferma un’auto, scende un tipo che va verso il pontile con una scatola in mano. Torna poco dopo e mi dice: “È proprio vero che regalare coltelli porta sfortuna! Comunque ora sono in fondo al fiume!”.
Lui l’ha detto in un altro modo, ma io ho capito: “sfortuna”. Io questa cosa che i coltelli portano sfortuna non l’ho mai sentita e non so fino a che punto si possa contrastarla buttandoli nel fiume. Non poteva buttarli nel cassonetto dei rifiuti con le lattine del tonno??? Perlomeno non avrebbe inquinato e il metallo sarebbe stato riciclato. Comunque... Se a me regalano una katana, una mannaia, un kriss, un’ascia bipenne o un machete non li butto certo nel fiume. Me li tengo!
Questo racconto fa parte del diario di viaggio a puntate scritto da Giancarlo Cotta Ramusino (in arte Girumin) che viene pubblicato in queste settimane. Potete leggere tutti i racconti già pubblicati nell'apposita sezione
Viaggio con la GOAT.
Lungo l'argine Maestro
Ho poi cercato di capire qualcosa in più e ho scoperto che i coltelli non vanno regalati perché in questo modo si taglia il rapporto con la persona alla quale vengono donati. Al coltello andrebbe abbinata una moneta che il ricevente restituisce al donatore. In questo modo il coltello viene pagato e non regalato, la moneta ha un valore simbolico e serve a dimostrare (non si sa a chi) che si tratta di un acquisto, di uno scambio e non di un regalo. Io ho regalato più volte dei coltelli e credo di essere ancora in buoni rapporti con coloro ai quali li ho regalati. L’inquinatore superstizioso se ne va e io riparto sull’argine maestro del Po. Pedalo per una quindicina di chilometri. È una buona strada per la bici: in piano e senza macchine.
Il mezzo risponde bene anche sullo sterrato, il carrello sballotta meno del previsto. L’Argine maestro è un’opera immensa realizzata sulle due rive del fiume che segue il Po lungo gran parte del suo corso e risale per qualche chilometro gli affluenti. Serve per frenare le alluvioni del Po e diventa una star televisiva quando il grande fiume si ingrossa, viene monitorato per vedere se regge o non regge la spinta dell’acqua. Assieme all’argine maestro si parla delle nutrie, dei grossi roditori che si sono moltiplicati negli ultimi anni. Si dice che costituiscano un problema perché scavano le loro tane dentro l’argine facendone un groviera e indebolendolo, a volte fino al punto che in caso di alluvione potrebbe cedere e far passare l’acqua.
Vuole la leggenda, che magari è vera, ma io non ho le prove, che le nutrie venissero allevate un tempo per fare le pellicce di castorino. Passata la moda della pelliccia sono state liberate e si sono riprodotte alla grande. Oggi ce ne sono un sacco. Viste da lontano sembrano proprio dei grossi topastri, ma viste da vicino sono abbastanza simpatiche (De gustibus...).
Un altro animale caratteristico del fiume è il pesce siluro. Un bestione che può superare i due metri di lunghezza e il centinaio di chili. Non è originario del fiume, è stato importato e immesso nel Po per ripopolarlo anni fa. Sembra che da piccolo assomigli molto al pesce gatto per cui i piccoli di pesce siluro sono forse stati scambiati per pesci gatto, ma sono poi cresciuti a volontà, molto di più dei pesci gatto. Ora nel fiume ce ne sono parecchi e si stanno mangiando tutto quel che c’è da mangiare, rischiando di far fuori tutti gli altri pesci. Per via delle loro dimensioni non hanno nemici naturali, rischiano quindi di devastare l’ecosistema. Inizialmente pare che fossero interessati ai siluri solo i pescatori dell’est, soprattutto ungheresi, che organizzano vere e proprie spedizioni per arrivare a pescarli nel grande fiume. Si sono poi interessati anche gli italiani, qualcuno mi ha detto che lo si fa perché è una pesca appassionante, qualcuno perché si è adeguato a pescare il siluro dopo avere visto che in certe zone non c’è più molto altro pesce. C’è chi dice che la “carne” del pesce non è molto buona da mangiare e chi dice che annegata in una buona salsa diventa passabile. Chi lo pesca nel Po ha il dovere di non ributtare il pesce in acqua, alcuni enti li pescano con l’obbiettivo di ridurli per contenere il danno che stanno facendo. Giuseppe mi diceva che una volta era a pescare nel Po, l’acqua era poco profonda ed era entrato nel fiume fino sopra le ginocchia, ha visto poi passare una canoa seguita da una cosa lunga e nera... poco dopo un’altra cosa lunga e nera ha cominciato a girare pochi metri davanti a lui, ha quindi pensato di tornare a riva...
L’argine maestro non viene apprezzato quanto merita. In Italia, purtroppo, i fiumi, e le strade lungo i fiumi, sono poco valorizzati: meriterebbero di più. Lungo il fiume si fanno giri in bici di un giorno, ma in pochi ci vanno per più giorni, soprattutto perché non ci sono molti posti in cui passare la notte con lo stile dei camminatori e dei ciclisti: cioè... dove si spende poco... Si va in Francia per solcare le acque impetuose dell’Ardèche in canoa o per andare in barca sulla Senna. Qualche anno fa andava di moda la discesa del Danubio in bici. Certo! Lungo le strade vicine al fiume, non dentro l’acqua! L’argine maestro è molto adatto alle bici perché, in grandissima parte del tragitto, le auto non possono passare o non hanno interesse a passarci.
Anche Hemingway...
Nell’ottobre 2000 avevo tentato un esplorazione lungo il fiume per capire in che misura fosse percorribile a piedi o in bici, dalla sorgente alla foce. Non c’erano molte informazioni a suo tempo. Ero partito dal Pian del Re, ma in quei giorni un’alluvione mi aveva fatto tornare a casa. Uno dei fiumi interessanti da queste parti è il Trebbia, ne parlo adesso perché sfocia nel Po qualche chilometro più avanti del Transitum Padi. Ci sono altri fiumi interessanti in Italia, ma questo è qua vicino. Le gole create dal Trebbia fra Marsaglia e Bobbio sono di tutto rispetto e non sono in zone estreme e impervie fra ardue montagne. Sono ideali per le discese in canoa e in kayak, il solo problemino è che di acqua ce n’è poca, bisogna andarci in aprile o in maggio perché altrimenti la si fa a piedi. Bisogna prestare attenzione a un tunnel lungo il percorso, alcuni ardimentosi ci si infilano, ma deve esserci il giusto livello di acqua, se è troppo alta il tunnel viene riempito e non resta spazio fra il livello dell’acqua e il soffitto, se è alta ci si grattugia le corna contro il soffitto. Conviene evitarlo e stare sulla destra nel naturale corso del fiume. Il tunnel è stato scavato per deviare l’acqua durante la costruzione di una diga che non è stata realizzata.
Sembra che Hemingway abbia definito la Val Trebbia la valle più bella del mondo, però su questa cosa ci sono diverse teorie, qualcuno dice che non ci sono prove che l’abbia detto, qualcuno dice che in valle gustava del buon vino. Una cosa credo si possa dire: come faceva a dire che era la più bella del mondo? Le aveva visitate tutte??? Ok, da oggi non mi faranno più entrare in Val Trebbia... Le affermazioni assolute fanno spesso nascere qualche dubbio, un po’ come la questione dei fiocchi di neve. Si dice che i fiocchi di neve sono tutti diversi fra loro, ma... chi è che li controlla?
Dicevamo dell’Ardèche... Sull’Ardèche ci sono andato anni fa. Siamo partiti in tre, nel ponte del primo maggio, nella speranza che fosse il periodo giusto: che facesse caldo. Pioveva quando siamo partiti per la discesa e abbiamo notato che oltre a noi c’erano solo dei tedeschi, abituati al freddo ben più di noi, che indossavano la muta. C’è venuto il dubbio, ma speravamo che la giacca di nylon fosse sufficiente, anche perché la muta non l’avevamo... Siamo entrati nei kayak e siamo partiti, nonostante la pioggia la discesa era piacevole. Pagaiavano tranquilli immersi nell’acqua, acqua dal fiume e acqua da cielo, quando, a un certo punto, abbiamo visto che la corrente girava verso sinistra, contro un enorme masso, e solo un piccolo flusso d’acqua consentiva di evitare lo schianto contro la roccia. Bisognava essere così abili da evitare lo schianto. È andato avanti Beppe, il più esperto fra noi, che è riuscito a passare dalla parte giusta uscendo incolume da quella situazione. Poi è partita Grazia finendo in pieno contro la roccia con il lato destro del kayak, l’ho vista ribaltarsi. Ho cercato di fermarmi, di rallentare, di stare lontano, ma ormai la corrente mi aveva portato troppo avanti. La corrente mi ha lanciato verso il masso in velocità, era ovvio che in quel momento sarebbe emersa Grazia e io l’avrei schiacciata con il mio kayak contro il masso. Non potevo fare nulla, in un istante sono arrivato contro l’enorme roccia, il mio kayak si è ribaltato e io sono finito sott’acqua.
Ho sganciato il paraspruzzi e la corrente mi ha portato avanti una decina di metri. Mi sono trovato nell’acqua poco profonda, ho recuperato il kayak e sono arrivato a riva. Non vedevo Grazia e Beppe, ho immaginato che forse la corrente li avesse portati più avanti, non poteva essere diversamente. Ho svuotato il kayak, l’ho rimesso in acqua e mi sono seduto dentro, ho cercato di tendere il paraspruzzi, ma il freddo era veramente terribile, mi battevano i denti. Non credo di aver mai subito così tanto freddo come in quel momento. Non riuscivo a prendere il paraspruzzi con le mani perché il freddo toglieva tutta la forza alle dita, non sapevo come scaldarle, le ho messe in bocca, sotto le ascelle, fra le gambe. Ho continuato a muoverle per scaldarle fino al punto in cui finalmente hanno ripreso quel minimo di forza necessaria per fissare il paraspruzzi e ripartire. In quel momento mi è venuto in mente un documentario visto anni prima che raccontava l’esplosione del dirigibile Zeppelin. Uno dei soccorritori diceva che aveva preso uno dei superstiti sotto le ascelle, aveva imparato a farlo in un corso di pronto soccorso da scout, gli avevano insegnato che la zona sotto le ascelle è una delle più salvaguardate nei grandi ustionati. Io mi sentivo un ustionato da freddo. Sono ripartito e dopo poco li ho ritrovati dietro una curva, stavano bene. Beppe mi aveva detto: “Sei stato un grande, ti sei lanciato per salvarla!!!”.
“Ehm... no... in realtà non sono riuscito a fermarmi e temevo veramente di spingerla contro la roccia proprio mentre usciva dal kayak, per fortuna la corrente l’aveva appena portata via quando sono arrivato io.” Tutto è bene quel che finisce bene. Quella volta ho imparato che quando si è fradici e fa freddo conviene indossare il maglione anche se è inzuppato. È vero che sotto la pioggia meno si è vestiti meno si bagnano i vestiti, che poi serviranno asciutti quando si arriverà a destinazione e ci si potrà cambiare, ma quando si sta sotto la pioggia conviene indossare un maglione bagnato, che tiene comunque un briciolo di caldo, piuttosto che tremare dal freddo. Se vi capita una situazione del genere fate le vostre valutazioni. Il potere isolante delle fibre naturali diminuisce quando sono bagnate, quello delle fibre sintetiche diminuisce meno, ma in mancanza di meglio anche un maglione di lana può fare la sua parte.
Puoi rileggere le puntate precedenti del Viaggio in Graziella sulla Via Francigena:
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Ultimi commenti
Oggi con una ebike si possono fare dei percorsi impegnativi fisicamente (per una bici senza motore) ma per quanto riguarda la tecnica non tutti possono fare dei giri tecnicamente difficili.
Io, con i miei 67 anni, cerco giri fino a 1500 m di dislivello, ma non troppo difficili tecnicamente per potermi gustare pienamente i paesaggi e i posti, senza dover rischiare su single trail esposti.
Grazie Enrico