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Viaggio in bici con Graziella | Pietrasanta in bici... dal mare

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Ma eravamo sulla riva del fiume... più precisamente sul fiume Magra. Riparto, passo su un ponte pedonale in pietra, è un ponte ad archi di quelli gobbi, alti al centro. È un bel ponte su cui passare; ci vado, ma quando sono in cima mi rendo conto che gli ultimi dieci metri in discesa sono ripidi, molto ripidi. Rischio di schiantarmi contro una casa. Devo sganciare il carrello e portare bici e traino uno alla volta, sarebbero pochi metri, facilissimi per chiunque, ma non per un carrellato con la Goat. Punto ad arrivare a Pietrasanta per sera. Potrei stare sulla Via Francigena, che passa nell’entroterra, oppure stare verso il mare, però di questa seconda ipotesi non ho una carta dettagliata, mi posso affidare solo alla carta in scala 1:800.000 posta all’inizio della guida sulla Via Francigena.
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Questo racconto fa parte del diario di viaggio a puntate scritto da Giancarlo Cotta Ramusino (in arte Girumin) che viene pubblicato in queste settimane. Potete leggere tutti i racconti già pubblicati nell'apposita sezione Viaggio con la GOAT.

Finalmente il mare

Pedalo sulla strada che scende dalla Cisa e attraversa la Lunigiana. Non è molto larga e io sono ingombrante, mi rendo conto che costringo i camion a rallentare e dubito che agli autisti faccia molto piacere. Appena posso mi fermo e li lascio passare.
 
La convivenza sulla strada fra piccoli e grandi non è facile, se è vero che i più grossi sono spesso più prepotenti, è anche vero che, qualche volta, i ciclisti si comportano un po’ come le vacche sacre in India, dove hanno diritto di muoversi liberamente e gli altri utenti della strada devono solo portare rispetto. Una volta un ciclista mi ha detto che, secondo il codice della strada, due ciclisti hanno diritto di stare affiancati e vanno considerati come un’automobile, io questa cosa non l’ho mai letta da nessuna parte, sarà vero???
Il ciclista esprime e manifesta un grande bisogno di libertà, purtroppo però bisogna dire che spesso, in virtù di questa ambita libertà, cerca anche di dimostrare qualcosa senza rispettare il codice della strada. Talvolta mette a rischio la propria incolumità e quella degli altri, se non crea loro dei rischi capita che li metta in difficoltà. Oltre al fatto di viaggiare affiancati sulle strade extraurbane c’è chi viaggia di notte, magari vestito di scuro e magari senza catarifrangenti o strisce retroriflettenti e quando un autista se lo trova davanti all’ultimo istante si vede costretto a frenare o a sbandare improvvisamente.
 
Arrivo a un punto in cui ci sono i lavori in corso e c’è un senso unico alternato governato dai semafori di cantiere, la strada è stretta e passano parecchie auto. Cerco di capire cosa fare, se parto per primo appena arriva il verde rallento tutti e quelli dietro di me mi coprono di insulti, se parto per ultimo rischio di non arrivare dall’altra parte prima che partano quelli dalla parte opposta. Cosa faccio? Studio la situazione per un paio di cambi rosso-verde, ma non posso star fermo in eterno, prima o poi mi dovrò buttare. Al terzo rosso le macchine nella coda al mio fianco sono poche. Forse è il momento buono, mi avvicino al semaforo per guadagnare ogni centimetro utile, studio la strada per stare il più possibile radente alla recinzione del cantiere. Scatta il rosso, mi guardo ancora indietro, appena parte l’ultima auto della fila mi lancio nella strettoia, pedalo più che posso, per fortuna non arriva nessuno da dietro, ma io continuo a correre e a controllare di non impastarmi contro la rete o dentro una buca, sono istanti interminabili, arrivo dall’altra parte in tempo prima che parta l’altra auto. Ce l’ho fatta, anche stavolta è andata bene. Finalmente arrivo al mare.
discesa cittadina

Pietrasanta

Pedalo sul lungomare, il lungomare è tutto uguale, tu pedali e pedali e non sai mai dove sei. Ogni tanto vedi qualche cartello, ma non ti convince troppo perché secondo la carta si tratta di un centro abitato nell’entroterra che ha una luuuuunga appendice verso il mare.
Non posso permettermi un bagno perché non so a che ora arriverò e poi non saprei dove lasciare la mia ferraglia, non la posso portare in spiaggia. Arrivo, non so dove, e mi rendo conto che forse dovrei cominciare a girare a sinistra, arrivo così a Pietrasanta Marittima, ora devo girare a sinistra perché se proseguo ancora arrivo allo stretto di Messina. Giro al primo incrocio per andare verso l’entroterra. Vado un po' a occhio, seguo una strada secondaria diritta verso est, immagino che mi porti dentro Pietrasanta. Più pedalo e più mi rendo conto che ho superato Pietrasanta di qualche chilometro, mi sono lasciato prendere dalla spiaggia e sono andato troppo verso sud. Una strada che passa fra fossi e canali mi porta vicino alla meta. Trovo un ciclista e compro un paio di camere d’aria. Ne ho tre di scorta, ma visto che le forature sono frequenti conviene che mi premunisca.
Sono a cena dalla famiglia di Lucia, è una buona cosa avere amici in giro per l’Italia che ti invitano. Ogni tanto mi capita di passare vicino a casa di qualcuno a cui scroccare una cena. Lucia e la sua famiglia si occupano di magia, cioè, non proprio di magia, di giochi di magia, di prestidigitazione, sì... cioè... quella cosa lì che solo il mago Silvan, solo in tutta Italia, era capace di pronunciare bene. Partecipano e organizzano feste ed eventi di animazione in cui propongono spettacoli di magia.

Quello che un vigile non dice

Anche oggi siamo arrivati a sera e vi racconto un incontro con un vigile di qualche anno fa. Devo percorrere un tratto di strada lungo il Po per arrivare vicino al mare. Scendo dal treno in una città sulla riva del Po e incontro un vigile. Gli chiedo di indicarmi la strada per arrivare al Po, immagino che ci sia un chilometro, due al massimo. Potrei andare a occhio, ma faccio prima se qualcuno mi mostra la strada giusta. Lo sanno tutti, lo sanno anche i bambini: “Chiedi al vigile che ti sa aiutare”. Il vigile è al servizio del cittadino, è ovvio che conosce la strada per raggiungere il fiume più lungo d’Italia. “Scusi, per andare al Po?”
“Deve andare a chiedere all'ufficio del turismo.”
All’ufficio del turismo??? Lo guardo un po’ meglio, è un tipo sulla cinquantina, occhiali a specchio fuori moda da tempo, abbronzatissimo, anche se l’abbronzatura è un po’ fuori stagione, classico look da cucador di provincia. È probabilmente un fan di Frank Poncharello, qualche anno fa avrà avuto il poster appeso nella sua cameretta e nessuno gli ha detto che sono passati decenni. Secondo me il poster ce l’ha ancora appeso... Ho forse chiesto qualcosa di strano? Qualcosa di difficile? Se fossimo in mezzo a una landa deserta e desolata capirei la difficoltà nel rispondere, ma sono forse a un chilometro dal Po... È come se chiedessi per Piazza Duomo, Via Mazzini o Corso Garibaldi. Ci sono in tutte le città e tutti sanno dove sono. Se non so arrivare al Po come faccio ad arrivare all’ufficio del turismo? Ti sembra sensato mandarmi all’ufficio del turismo per chiedere la strada che mi porta al fiume?
“Scusi, ma mi serve solo sapere da che parte è il Po, ci sarà una strada...”
“Deve chiedere all'ufficio del turismo!”
Provo una terza volta, ma ripete la stessa cosa. Sono perplesso, lo guardo con quell’aria stupita di uno che vede ancora il mondo con gli occhi di un bambino, di uno che crede ancora alle fiabe e quindi ha chiesto indicazioni ingenuamente. Anche uno ignorante e testardo come me a questo punto capisce che questo di voglia di lavorare non ne ha da vendere, mi dirigo quindi verso la direzione che credo più appropriata.
Ci tengo a dire che in altre occasioni ho chiesto informazioni ai vigili e mi hanno sempre risposto.
Poco dopo incontro un anziano signore in bici, è su una bici normale, da uomo. Chiedo aiuto anche a lui e mi dice di seguirlo. Lo seguo, ma mi bastano pochi metri per capire che non si tratta di un anziano a passeggio, si tratta invece di uno di quegli arzilli pensionati che probabilmente sono andati in pensione in una fascia di età che oggi l’Unione Europea definisce “gioventù” e che da allora macinano decine di chilometri al giorno e corrono come disperati. Riesco a seguirlo per qualche centinaio di metri, forse un chilometro, ma lo scarso allenamento e il portapacchi carico non mi danno speranze. Poco dopo rinuncio all’inseguimento e lascio che vada, mi ha indicato una direzione e credo sia già sufficiente. Pedalo col mio ritmo e lo incontro poco dopo dove mi da l’ultima indicazione e ci salutiamo. Non serviva l’ufficio del turismo, bastava un pensionato gentile.

Puoi rileggere le puntate precedenti del Viaggio in Graziella sulla Via Francigena:
Viaggio in bici con Graziella | L'idea Viaggio in bici con Graziella | Il nome Viaggio in bici con Graziella | I preparativi Viaggio in bici con Graziella | Bagaglio e partenza Viaggio in bici con Graziella | Da Lodi a Fiorenzuola Viaggio in bici con Graziella | Seguendo il Po Viaggio in bici con Graziella | Digressioni sulla Goat Viaggio in bici con Graziella | Nell'ostello di Sivizzano Viaggio in bici con Graziella | Storie di sterrati e discese impervie Viaggio in bici con Graziella | Dalla Cisa a Pontremoli Viaggio in bici con Graziella | Lo zen della camera d'aria Viaggio in bici con Graziella | Pietrasanta in bici dal mare Viaggio in bici con Graziella | Polvere e catena verso Lucca Viaggio in bici con Graziella | L'ultima fatica per il convento Viaggio in bici con Graziella | San Gimignano e Monteriggioni

 
 
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Girumin

La mia voglia di camminare parte dall’esigenza di vivere il rapporto con la natura. Ho avuto la fortuna di camminare su lunghi percorsi e di viaggiare in diversi paesi, anche meno conosciuti dal turismo tradizionale e ho vissuto alcune esperienze internazionali.
Sono forse stato inesorabilmente spinto dall’istinto naturale che porta a muoversi, a esplorare e a conoscere. Attratto dal bisogno di esserci in prima persona, di arrivare da qualche parte con le mie gambe. Qualche volta ho cercato di giocare con idee meno consuete e magari non sempre garantite.
Penso che il viaggio non sia solo andare lontano geograficamente, ma sia l’occasione per provare ad affrontare le cose in maniera diversa. Spesso per trovare il nuovo basta guardare le cose da un altro punto di vista.

Apprezzo la tecnologia più recente, ma anche le tecniche tradizionali e credo più nella voglia di fare che nella strumentazione più sofisticata.

Partendo da questa idea mi piace preparare un viaggio anche con le mani, per i lunghi cammini ho realizzato dei carrelli per portare il bagaglio e ho fatto qualche giretto con una Graziella e un carrello, ho poi sistemato una vecchia bici da uomo e ho costruito un altro carrello. Cerco idee nuove, ma esploro tecniche del passato come i bastoni di legno.

Nel corso del tempo ho raccolto molti appunti su equipaggiamento, abbigliamento, abitudini, tecniche ed esperienze varie che ho inserito in un libro scritto per la casa editrice “Terre di mezzo”.